Oggi durante una riunione del gruppo M5s al Senato è stata ribadita la linea decisa anche con il premier Giuseppe Conte, secondo quanto riferiscono fonti parlamentari. Il futuro del Paese non si decide sulle poltrone, ma sul programma: se i costruttori vogliono che l’Italia vada avanti devono uscire allo scoperto.
È la strategia decisa da ieri pomeriggio dal presidente del Consiglio. Le trattative con i responsabili, prima ben avviate, si sono arenate sul 'Conte ter'. Il premier punta a superare la prova dell’Aula senza dimissioni o nuovi governi. Probabile che ci riuscirà, considerato che al momento con l’astensione dei renziani la maggioranza dovrebbe comunque far leva su 151 sì a palazzo Madama, oltre ai senatori a vita (Piano, Rubbia e Segre) e probabilmente di un paio di voti ex M5s che al momento sono attestati sulla linea dell’astensione. Tra Renzi e le altre forze della maggioranza i canali di comunicazione si sono interrotti, anche se l’ex premier ieri aveva fatto sapere che un 'big' del fronte rosso-giallo era tornato a sondare Iv.
Il Pd ha tagliato ogni ponte, "ma da mercoledì - prevede un big renziano - torneranno a parlarci, perchè non possono andare avanti con un paio di voti in più". Anche il Pd freme, non solo per valutare quale sarà l’esito della fiducia di domani e di martedì, ma anche per capire quale sarà il percorso che Conte vorrà imboccare il giorno dopo la prova delle Camere. Perchè il 'refrain' nei gruppi parlamentari dem è che il premier deve rilanciare l’azione di governo, non limitarsi a galleggiare. Il piano del presidente del Consiglio è quello, dunque, di passare indenne gli ostacoli di Montecitorio e palazzo Madama e poi lavorare all’allargamento della maggioranza. Domani lancerà un appello ai moderati, a quel fronte europeista che, a suo dire, deve contrapporsi alla deriva sovranista. Con un discorso nel quale punterà a sottolineare che il Paese non vuole la crisi in questo momento e che sarebbe irresponsabile un salto nel buio. Ma sia tra i dem che tra un’ala pentastellata non si nascondono i dubbi sulla strategia.
La fotografia che sotto traccia molti 'big' fanno è quella di un premier che, insieme ai fedelissimi, si difende a spada tratta quando, invece - la tesi per esempio di un esponente M5s - avrebbe dovuto già aprire al 'Conte ter' e lanciare il programma alle Camere per il 2023. "Serviva subito un progetto di ampio respiro", il ragionamento. Ma sul percorso del passo indietro del premier, in nome di un rilancio con i pentastellati e i centristi, hanno pesato diversi fattori, non ultimo il fatto che i 'costruttori' si aspettavano subito posti da ministri e da sottosegretari. E allora per il momento la strada è quella di tentare di sfilare altri esponenti di Iv a Renzi.
"Votino con noi, sono stati eletti nel Pd", dice il ministro Boccia. Il premier ai suoi interlocutori non avrebbe nascosto che senza i renziana la strada è lastricata di ostacoli, che un semplice emendamento rischia di non passare, considerato che Renzi terrà le mani libere, al di là di dire sì allo scostamento di bilancio. Ma non ci sono alternative, ha spiegato ad un 'big' M5s. Ora i fari sono puntati sul pallottoliere alla Camera e al Senato. Ma più di un 'big' della maggioranza spiega che la partita è destinata a durare anche nelle prossime settimane. AGI
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