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Scontro Corte dei conti-Musumeci: "Da lui parole infamanti". La replica: "Un equivoco"

Il presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci

Scontro fra il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, e la Corte dei conti. «Ho letto con stupore e indignazione le dichiarazioni rese dal presidente Musumeci nel corso di un’intervista in cui afferma per ben due volte: 'Mi rifiuto di esprimere valutazioni sulla Corte dei conti' e si lascia andare, subito dopo, a considerazioni che insinuano dubbi sulla correttezza dell’operato di un consigliere della sezione regionale di controllo, il quale non sarebbe 'al di sopra di ogni sospetto' per essere stato un ex assessore di una giunta di centrosinistra nel comune di Palermo», afferma in una nota il presidente della sezione di controllo della Corte dei conti per la Regione siciliana, Luciana Savagnone.

«Tengo, anzitutto, a precisare che le illazioni e le infamanti affermazioni, se pur dirette al collega, sono di fatto rivolte all’intera sezione di controllo che mi onoro di presiedere, visto che il contenuto di ogni deliberazione viene discusso ed approvato in Camera di consiglio e il successivo elaborato scritto porta la firma di ciascun magistrato relatore/istruttore e, naturalmente, la mia. Il presidente Musumeci, quindi, avrebbe dovuto rivolgere le sue critiche direttamente a me».

Il governatore Musumeci replica: «Dal tenore della nota della presidente Savagnone comprendo che ella è insorta in uno sgradevole equivoco. Nel dire che non intendo esprimere apprezzamenti sulla Corte, appariva chiaro che intendevo ribadire un concetto che mi è molto caro: le magistrature e le loro decisioni non si giudicano, ma si rispettano. Quanto al resto, penso sia mio diritto sostenere, come ho sostenuto, che esistono profili di opportunità indiscutibili di cui tutti, come la politica, dovrebbero tenere conto. In questo senso, mi stupisce molto che si sia voluta intendere la mia dichiarazione come un attacco alla Corte. Nessuno ha bisogno di insegnarmi che le istituzioni pubbliche di rispettano. E si rispettano tutte, anche quelle espresse dal voto popolare».

Savagnone precisa che la deliberazione contestata è «un parere, chiesto espressamente dalla Commissione bilancio dell’Ars, sul Defr, che, come noto, non è direttamente sottoposto al controllo se non su richiesta dell’amministrazione. La sezione di controllo ha svolto una attività istruttoria documentale e convocato, altresì, i dirigenti generali della Regione in adunanza, alla quale anche l'assessore al bilancio era invitato a partecipare. A seguito della Camera di consiglio, è stata elaborata una relazione, approvata con la deliberazione n. 10/2020/Aud, discussa presso l'Assemblea regionale dinanzi alla Commissione bilancio, a parecchi rappresentanti del Governo e ai vertici dell’amministrazione».

«L'insofferenza del presidente Musumeci non tiene in debito conto che gli era stata offerta ogni possibilità di esprimere le sue valutazioni sul contenuto del documento contabile in esame. Invero, nessuna smentita o rettifica sul merito delle osservazioni è stata udita, ma soltanto uno sgradevole tentativo di delegittimazione di un collegio e di un magistrato che con la massima onestà intellettuale, ha svolto e svolge con onore le sue funzioni», conclude Savagnone.

"Le dichiarazioni del governatore Musumeci sull’operato della Corte dei Conti sono imbarazzanti. Serve dialogo e rispetto nei confronti degli organi di controllo. In un momento difficile per i conti della Regione non servono polemiche ma servono azioni condivise. Bisogna abbassare i toni riportando tutto nella normale dialettica istituzionale. Il governatore dialoghi con tutti, in particolare con il Parlamento, la smetta con il clima del sospetto che solo lui porta avanti e dimostri con i fatti e non con le parole il suo senso delle istituzioni", afferma il parlamentare di Italia Viva e membro della Commissione Bilancio dell’ARS, Luca Sammartino.

Intanto, il governo Musumeci ha deliberato di impugnare la legge di Bilancio 2020 dello Stato davanti alla Consulta. La decisione arriva dopo avere più volte richiesto la modifica dello strumento contabile, in alcune norme ritenute penalizzanti per la Regione. In particolare, il governo di Palazzo Orleans contesta alcune disposizioni (articolo 1, commi 309, 316, 661 e 875) presenti all’interno della legge, in quanto - si sostiene - violano alcuni articoli della Costituzione e dello Statuto della Regione Siciliana. Su proposta dell’assessore all’Economia, Gaetano Armao, sono finite nel mirino, in particolare, quattro norme.

La prima riguarda la modifica dell’iter attraverso il quale l’Agenzia per la coesione territoriale può procede alla riclassificazione delle risorse nazionali destinate alle politiche di coesione dei cicli di programmazione 2000/2006, 2004/2013, 2014/2020 e di quelle del Fondo per lo sviluppo e la coesione: non servirà più, infatti, la “intesa” con la Regione, ma basterà averla “sentita”. Una disposizione che, per il governo regionale, presenta profili di illegittimità costituzionale per la mancata attuazione del principio di leale collaborazione e della rimozione degli squilibri economico-sociali e di coesione territoriale.

Per lo stesso motivo, viene impugnata la norma che prevede, quale Soggetto per l’amministrazione dell’area Zes, un Comitato di indirizzo presieduto da un commissario straordinario del Governo nazionale, al posto del presidente dell’Autorità di sistema. La precedente disposizione, invece, garantiva la compartecipazione, tra Stato e Regioni interessate, nell’individuazione dell’Organo di vertice e di indirizzo, sottolineando così l’importanza strategica delle Zes: una direzione al vertice, quindi, che fosse il frutto di una co-determinazione con la Regione richiedente l’istituzione.

Le altre norme oggetto di ricorso alla Corte costituzionale riguardano l’istituzione della sugar tax e della plastic tax, che impongono la delocalizzazione di importanti imprese siciliane e la riduzione, solo parziale, del prelievo forzoso sulle ex Province siciliane.

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