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Conte bis, sale la tensione. Ultimatum con voto di Di Maio, l'ira del Pd

Sembrava tutto fatto, e invece no. Non sembra ancora niente di insormontabile ma la giornata politica è stata quantomeno movimentata. Il presidente del Consiglio incaricato Giuseppe Conte ha ripreso le consultazioni per la formazione del nuovo governo, ma nel giro di mezz'ora, subito dopo pranzo, si è tornati sulle montagne russe.

"Se entreranno i nostri punti nel programma di governo si potrà partire altrimenti meglio il voto». Lo ha detto il capo politico del M5s Luigi Di Maio al termine del colloquio con il Presidente incaricato Giuseppe Conte. "Questo non è il momento delle polemiche e degli attacchi, questo è il momento del coraggio e ne servirà tanto per cambiare questo paese. Abbiamo espresso il nostro sconcerto per il surreale dibattito sugli incarichi. Era prevedibile il totoministri sui media, con nomi di fantasia, ma non troviamo sano che questo dibattito contagi anche le forze politiche. Riteniamo che non abbia alcun senso parlare di modifiche ai decreti sicurezza. Vanno tenute in considerazioni le osservazioni del capo dello Stato ma senza modificare la ratio di quei provvedimenti. Ho detto che non rinneghiamo questi 14 mesi di governo. Mancano 2 ore di lavoro parlamentare e diventa legge, va approvato nel primo calendario della Camera e diventa legge".

Il Movimento 5 Stelle ha consegnato a Conte i propri punti programmatici per la formazione del Governo, che sono ora raddoppiati: da 10 sono diventati 20. "Qui non è questione di ultimatum, qui il punto è che siamo stanchi di sentir parlare tutti i giorni in ogni trasmissione di poltrone e toto-ministri. L’ho detto e lo ripeto: contano i programmi, le soluzioni, le idee. Il M5S non svende i suoi principi e i suoi valori su ambiente, lavoro, imprese, famiglie. Qui serve concretezza. Poche chiacchiere e basta slogan. Bisogna lavorare per gli italiani e bisogna farlo in fretta. Noi abbiamo 20 punti. E vogliamo che entrino nel programma di Governo», ha detto poi Di Maio.

Ai piani alti del Nazareno, dove Nicola Zingaretti è tornato dopo il colloquio con Conte, filtra «sconcerto» per le parole di Luigi Di Maio che è tornato ad evocare le urne nel caso non vengano recepiti tutti i punti del programma M5s. Eppure, commentano alti dirigenti dem, si era arrivati a un accordo con il M5s, firmato dai capigruppo Patuanelli e D’Uva. «Viene il sospetto che Di Maio non abbia letto quel documento», si commenta ancora.

Come nel Gioco dell’Oca, le pedine in campo per la formazione del governo sembrano essere tornate al via. La metafora è della vice segretaria del Pd, Paola De Micheli, che da voce all’irritazione di tutto il partito, Zingaretti in testa, per il «rilancio» di Luigi Di Maio. Uno sconcerto che attraversa tutto il partito, non solo il quartier generale, e che arriva fino alle prime linee renziane che leggono l’atteggiamento del capo M5s come «un tentativo di alzare la posta del giuoco facendo leva sul fattore tempo». Nei minuti immediatamente successivi all’esternazione del leader pentastellato era circolata la voce di un prossimo incontro tra lo stesso Di Maio e il vice segretario Andrea Orlando, da tenere alle 17. Voce però non confermata dai canali ufficiali. «Nessun incontro è in programma», fanno sapere dal Pd.

E se in una nota il M5s fa sapere che il problema non sono le poltrone, fra i dem si invita a guardare proprio in casa del Movimento: «Il nervosismo di Di Maio è legato alla paura di perdere il controllo del suo partito», è la lettura che viene data. Un timore alimentato anche dal fatto che, ormai da giorni, il segretario Zingaretti ha rinunciato a trattare direttamente con l’omologo pentastellato preferendo guardare direttamente a Conte. L’irritazione dem scorre anche sui social network: «Se Di Maio vuole tornare al voto, lo dica chiaramente», scrive Orlando su Twitter. «Questa manfrina di minacce e ultimatum è inspiegabile. Conte chiuda la lista nel weekend e si presenti ai mercati lunedì mattina con un governo di qualità già fatto. Che cosa aspetta ancora?», rincara Bonifazi.

In serata è Conte, che dopo un incontro veloce con il Papa ai funerali del cardinale Achille Silvestrini, prova a mettere pace. Lo fa in una nuova riunione a Palazzo Chigi con i due partiti (senza i leader) e rinviando a un’altra in mattinata, per lavorare sul programma. Proprio lì, almeno ufficialmente, si è incagliata di nuovo la trattativa.

 

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