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Decreto Sicurezza, Salvini: "Non incontro sindaci ribelli". Sui migranti tensione con Di Maio: "Porti chiusi"

Matteo Salvini

Resta alta la tensione sul Decreto Sicurezza. Dopo un primo tentativo di mediazione del premier Conte, che ha annunciato un incontro con sindaci "ribelli", il ministro dell'Interno Matteo Salvini non arretra: «Non parteciperò. Non si può parlare con chi non conosce la materia. Viene tolta l’assistenza sanitaria con questa legge? Ma che bugia! Non è vero proprio. Non si può discutere con chi usa argomenti falsi e ideologici», dice il vicepremier leghista in un'intervista al Messaggero.

Salvini difende il provvedimento che, ribadisce, è «capace di rendere più facile il lavoro dei sindaci e più sicura la vita di tutti».

Al fianco dei sindaci ribelli scendono in campo anche le Regioni Calabria, Toscana e Piemonte che annunciano di volere fare ricorso alla Corte costituzionale per porre la questione di legittimità sul decreto, definito, dal governatore toscano Enrico Rossi, «una legge disumana che mette sulla strada, allo sbando, decine di migliaia di persone che così diventano facile preda dello sfruttamento brutale e della criminalità organizzata, aumentando l’insicurezza».

Il tema migranti crea divisioni anche fra i due vicepremier. «Noi come governo vogliamo che vengano tutelati donne e bambini; sbarchino a Malta e li accoglieremo - dice dalla sua il vicepremier M5s, Luigi Di Maio, in un'intervista al Corriere della Sera -. Non ho sentito Salvini dire che donne e bambini devono rimanere sulle navi. Anzi. Ci siamo sentiti. Sono d’accordo sulla linea dura: non possiamo assumerci da soli i problemi dell’Unione Europea sui migranti».

Ma Salvini, nonostante escluda una crisi di governo, si mostra meno morbido: «In Italia non arriva proprio nessuno. Porti chiusi, sbarrati. Giusto che Di Maio parli e che dica il suo pensiero. E va benissimo che parlino pure Fico e Di Battista e che si discuta tra di noi e con il premier Conte, ma in materia di migranti quello che decide sono io», ribadisce il ministro dell'Interno in un colloquio con il Messaggero in cui spiega: «Io lavoro per non far partire le donne, i bambini e tutti gli altri dai loro Paesi, e per evitare il rischio che muoiano nel deserto o nel mediterraneo. Non si possono fare concessioni sui principi e il principio è che qui, se non attraverso i corridoi umanitari e in maniera controllata e legale, non entra più nessuno. Questa è la linea e non si cambia».

 

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