Altri 700 milioni sacrificati sull'altare della trattativa con l'Ue: "Quota 100" paga un prezzo alto e all'ultimo momento vede scendere i fondi a disposizione per il 2019 da 6,7 miliardi a poco meno di 4.
La riforma della legge Fornero dovrebbe partire con la primavera, assicura il governo, che però deve ancora mettere nero su bianco la misura in un decreto ad hoc, da far viaggiare in parallelo a quello sul reddito di cittadinanza (che ha subito un taglio di 1,9 miliardi e può contare su 7,1 miliardi): entrambi i provvedimenti dovrebbero arrivare sul tavolo del Consiglio dei ministri solo a gennaio e non entro la fine dell'anno come inizialmente ipotizzato e annunciato. Solo la lettura dei testi svelerà i dettagli, soprattutto per la misura pentastellata.
Ma i Cinque stelle assicurano che sarà confermata nelle linee generali la misura promessa, che prevede - a fine marzo, secondo alcune fonti di governo, al primo aprile secondo il ministro Tria - fino ai 780 euro per i redditi più bassi: arriverà anche l'aumento degli assegni minimi e delle pensioni d'invalidità, assicura Di Maio.
Quanto alla riforma della Fornero, il taglio di 2,7 miliardi, contro i 2 annunciati nelle settimane scorse, non comporta secondo il sottosegretario al Mef leghista Massimo Garavaglia modifiche sostanziali o ulteriori paletti: "Non c'è nessun problema né per quota 100 né per le altre misure esistenti", vale a dire Ape social, che si dovrebbe finanziare con alcuni fondi 'avanzati' e Opzione donna, il cui costo è relativamente oneroso.
Vengono così confermati i capisaldi della riforma della legge Fornero, che però sarà triennale: potrà andare in pensione, tra il 2019 e il 2021, chi ha almeno 62 anni e 38 di contributi con una finestra trimestrale se lavoratore privato (la prima scatta ad aprile) e semestrale se pubblico. In questo caso l'uscita sarà a ottobre. Confermato anche il divieto di cumulo con l'attività lavorativa fino ai 67 anni.
Nel superemendamento che recepisce l'intesa con Bruxelles trovano spazio anche il taglio delle pensioni d'oro, che varrà per 5 anni e che arriva al 40% per i pochissimi (23) che hanno una assegno superiore ai 500mila euro, e il raffreddamento dell'indicizzazione degli assegni che colpisce in modo graduale le pensioni oltre i 1.500 euro e che sarà in vigore per un triennio: due misure che si sommano per i redditi sopra i 100 mila euro e che però in tutto riguarderà poco più di 24mila persone.
E, contrariamente ad alcune anticipazioni, i risparmi che arriveranno dagli assegni più alti, pari a 239 tra il 2029 e il 2022, saranno "accontonati" in un fondo ad hoc. Si tratta di una scelta dettata dalla prudenza, per poter fronteggiare eventuali spese dovute ai ricorsi.
Decisamente più robusto il contributo alle casse dello Stato che arriva dal congelamento degli aumenti legati all'inflazione delle pensioni e che è pari a 2,2 miliardi in tre anni. Il taglio per 3 anni scatta per le pensioni oltre i 1.522 euro e la decurtazione maggiore, fino al 60%, scatta per gli assegni oltre i 4.566 euro, pari a nove volte il minimo.
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