PALERMO. "Sul taglio degli stipendi dei burocrati dell'Assemblea regionale siciliana, in questi giorni, si è creato un vero e proprio vespaio di polemiche. Inutili, più che pretestuose. Infatti, l'adozione del tetto massimo di 240 mila euro lordi per gli alti dirigenti dell'Ars, per la durata di tre anni, altro non è che l'adeguamento ad una analoga delibera adottata dal Senato della Repubblica, da sempre riferimento normativo del Parlamento siciliano". Lo scrive in una nota l'ufficio stampa della presidenza dell'Ars.
"Ma anche la Camera dei deputati, tre anni fa, adottò una delibera uguale a quella del Senato per 'tagliare' gli stipendi della burocrazia di Montecitorio, nell'ambito di una generale manovra economia per il contenimento della spesa pubblica. - aggiunge - Una riduzione dello stipendio che, secondo un parere della Corte costituzionale, avrebbe dovuto intendersi come un contributo di solidarietà, 'una tantum'. Cioè, la riduzione dei tetti stipendiali non avrebbe potuto avere effetto a tempo indeterminato, ma solo per tre anni. Che scadranno il prossimo 31 dicembre. Quindi, non solo la burocrazia dell'Ars, ma anche quelle della Camera e del Senato, con l'inizio del nuovo anno ritorneranno ad avere i vecchi stipendi".
"Tra qualche giorno, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella scioglierà il Parlamento. Né il presidente del Senato, Piero Grasso, né la presidente della Camera, Laura Boldrini, tranne che non lo facciano nelle prossime ore, hanno riunito i rispettivi Uffici di Presidenza per procrastinare il taglio degli stipendi della burocrazia parlamentare - aggiunge la nota -. Se a Palazzo Madama dovessero decidere per la prosecuzione del 'taglio', l'Ars non avrebbe alcuna remora ad adeguarsi".
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