ROMA. I franchi tiratori fanno saltare la legge elettorale, su un emendamento apparentemente minore, decretandone il De Profundis. "La legge elettorale è morta. Gli assassini sono i cinque stelle" decreta Emanuele Fiano, relatore del provvedimento. Ma se l'intento dei franchi tiratori era quello di allontanare le elezioni anticipate, l'effetto potrebbe essere paradossalmente opposto: rendere cioè inevitabile il ricorso a urne a settembre, vista l'impossibilità di far approvare la Legge di Bilancio in un clima deteriorato dentro la maggioranza che sostiene il Governo Gentiloni.
In Aula, in uno voto a scrutinio segreto, è stato approvato un emendamento di Micaela Biancofiore (Fi) su cui i partiti che sostengono la legge si erano accordati per lo stop. Ma in aula il colpo di scena: prima Riccardo Fraccaro di M5s lascia intendere l'appoggio del suo gruppo all'emendamento, poi i franchi tiratori entrano in azione e l'emendamento passa. Sul piano normativo esso elimina il Mattarellum che ancora si usa in Trentino Alto Adige, che assicura un congruo numero di eletti alla Svp, e vi introduce il sistema proporzionale come nel resto d'Italia.
Ma sul piano politico non è solo uno schiaffo al partito della minoranza di lingua tedesca, ma anche al Pd, che si era fatto suo garante e che ha una alleanza parlamentare con la Svp sia a Roma, che a Bruxelels ed anche in alcune amministrazioni locali della Regione. "La legge è morta" sentenzia infatti il relatore Fiano ed il motivo è presto detto: il Pd non si fida più della tenuta di M5s, quindi tutti i discorsi sulla possibilità di aggiustare il testo in Senato cadono.
"La legge - dice il capogruppo Pd Ettore Rosato - sta in piedi così e per noi già è una fatica enorme il proporzionale per cui dal Pd non arriveranno ulteriori sforzi al ribasso". "Abbiamo chiarissima l'operazione del M5s che ha voluto far fallire la legge elettorale. Ne prendiamo atto, bastava che lo dicessero subito che non sono capaci di mantenere la parola data". Ma la legge ha provocato una frattura tra Pd e gli altri partiti della maggioranza, con Alfano che ha detto che la "collaborazione è finita" e Mdp che già una volta non ha votato la fiducia al governo sulla manovrina. Questa sta ora in Senato, e sarà la prima verifica su una maggioranza che non c'è più e che dovrebbe affrontare insieme la legge di Bilancio.
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