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Alfano: "La mia collaborazione col Pd è conclusa"

ROMA. «Con il Pd la collaborazione è finita, accettiamo la sfida del 5% e riaggregheremo liberali, popolari, e moderati». Ci sono un presupposto e una promessa nelle parole con cui Angelino Alfano sintetizza la più cruciale delle Direzioni della breve storia di Alternativa Popolare. Il presupposto è che, da ora in poi, con l’ex alleato Matteo Renzi, sarà guerra aperta. La promessa, invero non facile da realizzare, è che con un centro unito gli alfaniani supereranno la soglia anti-cespugli prevista dal sistema tedesco.

C'è una reazione di orgoglio, insomma, tra i centristi "scaricati" da Renzi. Una reazione che si trasforma in uno scontro all’arma bianca tra Ap e Pd sulla tenuta del governo. "Noi lo sosteniamo, Renzi vuol far cadere il governo oppure no?", incalza Alfano. Ma con il segretario Dem lo scontro oggi verte soprattutto sulle pressioni che, secondo Ap, Renzi avrebbe fatto sugli alfaniani per far cadere Gentiloni già a febbraio. "Io ho fatto cadere il mio esecutivo, loro sono nervosi e non conoscono la parola dimissioni», è la replica di Renzi all’accusa di Ap.

A «preparare» il caso delle pressioni Dem di febbraio è, in mattinata, Sergio Pizzolante. «Renzi ha la smania di prendersi la rivincita dopo il 4 dicembre e da febbraio ci chiede di far fuori Gentiloni. In cambio ci ha detto: la legge elettorale scrivetevela voi», spiega il deputato prima di entrare in Direzione. E nella conferenza stampa che segue la riunione la curiosità dei cronisti non può che virare sull'ipotetico "complotto di febbraio». «Sergio è una persona seria, non smentisco. Del resto una certa agitazione del Pd verso il governo Gentiloni c'è da mesi», sottolinea Alfano, incalzato dalle domande. Il Pd smentisce seccamente ma in una manciata di minuti, il caso irrompe in Parlamento. «E' uno scenario eversivo e inquietante. E’ insopportabile avere il Paese sotto ricatto di Alfano e di Renzi», attacca Luigi Di Maio del M5S che con Mdp chiede al premier Paolo Gentiloni di riferire in Aula.

Il nuovo scontro certifica la fine del dialogo tra Pd e Ap. Un esito che non tutti, tra i centristi, vedono con soddisfazione sebbene in Direzione, ad emergere, sia soprattutto l'ira per il comportamento di Renzi, che Fabrizio Cicchitto definisce «un giocatore delle tre carte». «Il 5% sarà la scintilla per riaggregare i moderati e i popolari», avverte Alfano annunciando che nessun emendamento Ap punterà ad abbassare la soglia ma ponendo già i primi paletti sui provvedimenti in calendario. «La nostra priorità, se il governo continuerà, è la legittima difesa», sottolinea il titolare della Farnesina.

C'è, poi, da organizzare la pattuglia per superare il 5%. Buona parte della Direzione si sofferma proprio su questo punto dove resta evidente il nodo della leadership (e il passo di lato del ministro degli Esteri) che al momento distanzia Alfano da Stefano Parisi. E non è un caso che la capogruppo al Senato Laura Bianconi bocci l’idea di una federazione centrista a favore di un contenitore ex novo, da «realizzarsi a breve». Federazione che, davanti ai cronisti, Alfano non nomina così come non cita quelle primarie che, fino ai ieri, sembravano un punto fermo. Una scelta che, forse, potrebbe avvicinare Parisi a progetto di Ap. Nei prossimi giorni Maurizio Lupi sarà incaricato di tessere la tela e incontrerà i vari possibili interlocutori: da Fitto a Tosi allo stesso leader di Energie per l'Italia. «Prima i contenuti, per il leader vedremo», preannuncia, diplomatico, Lupi.

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