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Stretta di Grillo ai suoi: "Chi non sta in linea col programma vada via"

ROMA. Due 'martellate’, entrambe clamorose, hanno segnato ieri il Movimento 5 Stelle. Arriva il post con cui Beppe Grillo richiama all'ordine, con durezza inedita, qualsiasi uscita dissonante rispetto alla linea dei vertici. Linea sulla quale crescono, invero, i malumori degli ortodossi, a dir poco scettici sulla svolta trumpiana dell'ex comico. "I portavoce eletti del MoVimento 5 Stelle - scrive Grillo - hanno un compito ben definito: dedicarsi al compimento del programma. Il programma per le prossime elezioni non sarà definito dai parlamentari ma dagli iscritti. Chi non sarà d'accordo potrà perseguire il suo programma in un'altra forza politica".

Grillo sottolinea come tutte le "uscite comunicative" dei parlamentari vadano concordate con i responsabili comunicazione: "Non si fanno sconti a nessuno". Un post, quello di Grillo, che condanna al mutismo - a meno di previo accordo con la comunicazione - tutti gli eletti Cinque Stelle, a cominciare dai quei parlamentari che, in serata, si vedono arrivare un secondo, fragoroso colpo: l'indagine dei pm di Roma nei confronti della sindaca Virginia Raggi.

Un'indagine che, come ammette l'esponente romano Stefano Vignaroli, «era nell'aria». E l'aspettava, certamente, quell'ala ortodossa che, da Carla Ruocco a Roberta Lombardi, da mesi punta il dito contro Raggi e il suo rapporto con Raffaele Marra. Ma nessuno, in Transatlantico, proferisce parola con i cronisti. Qualche sorriso ironico e nulla più. Anche perché, dal punto di vista interno, la posizione di Raggi appare salda (come testimonia il tweet con cui Grillo rilancia il tweet della sindaca sull'invito a comparire).

Il nuovo Codice etico non 'condanna' alle dimissioni l'indagato, non comportando l'avviso di garanzia «alcuna valutazione di gravità». Per di più Raggi spiega di aver avvertito Grillo, adottando quella trasparenza che il garante del Movimento pretende. Su questo tema interviene in tarda serata Alessandro Di Battista da un lato riconoscendo l'errore di Viriginia Raggi nell'affidarsi a Raffaele Marra ma nello stesso puntualizzado che la nomina «incriminata» è stata subito revocata.

Da qui la richiesta di «tempo» per far vedere ai cittadini che la gestione M5s a Roma sta funzionando. Diverso, è il tema del post con cui Grillo dà vita alla stretta sui dissidenti: «il programma viene definito dagli iscritti. I portavoce hanno il compito di dedicarsi al suo compimento. Chi non sarà d'accordo potrà perseguire il suo programma in un'altra forza politica», tuona l'ex comico sottolineando come tutte «le uscite comunicative» - post sui social compresi - vadano concordate con i responsabili della comunicazione: Rocco Casalino, Ilaria Loquenzi e Cristina Belotti.

Una stretta diretta innanzitutto a Roberto Fico, che, ieri, aveva più volte esternato i suoi dubbi sia sulla svolta trumpiana di Grillo sia su un'eventuale alleanza con la Lega. Critiche che hanno scatenato l'ira del leader, già irritato anche dalla presenza, non concordata con i vertici, di Carla Ruocco al Wef di Davos. Chi non avverte lo staff, può danneggiare il M5S e rischia sanzioni, «senza sconti a nessuno», è l'ira di Grillo.

Neanche a chi, come Fico, è considerato l'anima originaria del Movimento. Anche perchè, da giorni ormai i vertici puntano i loro strali contro i voltagabbana quasi a tutelare, preventivamente, le liste per la prossima legislatura. Ma il post di oggi blinda anche l'ala governista capitanata da Luigi Di Maio, tutelando le scelte di un Davide Casaleggio la cui autorità non è apparsa mai così debole. E, nel corso della giornata coglie nel segno.

«Oggi non parlo», si limita a dire Fico mentre, solo a microfoni spenti, qualche parlamentare si 'slaccià, dicendosi ad esempio «demoralizzato dalla piega presa dal M5S». Ma l'impressione è che il 'tappò comunicativo non potrà durare a lungo. «Ma quindi per far qualcosa serve il permesso di Casalino?», chiede, ironico, un parlamentare.

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