ROMA. Lavoro, banche, legge elettorale; ma anche l'immigrazione, con un possibile nuovo intervento del governo sulla querelle del reato di ingresso clandestino.
Sono questi i temi principali dell'agenda politica post Natalizia, che si intrecciano con quella della Corte costituzionale chiamata a pronunciarsi, rispettivamente l'11 gennaio e il 24, proprio sui temi del lavoro e della legge elettorale, con sentenze che avranno un impatto politico rilevante.
La Consulta, mercoledì, si pronuncerà sull'ammissibilità di tre referendum abrogativi della Cgil riguardanti il Jobs Act, i voucher e sugli appalti. L'Avvocatura dello Stato ha chiesto alla Corte di dichiarare inammissibile il referendum sul Jobs Act che non sarebbe soppressivo ma «manipolativo e propositivo».
Ci sono invece pochi dubbi sull'ammissibilità degli altri due quesiti. Ma sui voucher il Parlamento sta lavorando, non per abrogarli, bensì per modificarli, riportandoli all'originale profilo, dopo che la legge Fornero del 2012 e un decreto del 2013 del governo Letta li avevano liberalizzati: lo stesso 11 gennaio la Commissione lavoro della Camera riprenderà l'esame del ddl di Cesare Damiano (Pd), che va in questa direzione.
I referendum devono tenersi tra il 15 aprile e il 15 giugno; servirebbe dunque una corsa contro il tempo da parte di Camera e Senato per approvare la riforma dei voucher prima delle urne. Cosa possibile se si sceglie una data tarda.
Se poi la Corte ammettesse anche il referendum abrogativo del Jobs Act si porrebbe un problema politico per la maggioranza, analogo a quello presentatosi con il referendum costituzionale: una eventuale bocciatura popolare anche del Jobs Act sarebbe un terremoto per il governo e il Pd. E qui il tema lavoro si intreccia con quello della legge elettorale.
Il 24 gennaio è attesa la sentenza della Consulta su dei ricorsi contro alcuni punti dell'Italicum. Qualsiasi sarà la decisione, il problema è avere una legge elettorale omogenea per Camera e Senato, condizione posta dal presidente Sergio Mattarella, per andare al voto anticipato.
Ieri il renziano Roberto Giachetti (come il ministro Graziano Delrio e Ettore Rosato) ha insistito sull'approvazione rapida di una legge elettorale così da permettere urne in primavera. Ciò farebbe slittare di un anno i referendum: a Palazzo Chigi sottolineano che non c'è nesso tra le due cose, tanto è vero che l'Esecutivo non prenderà iniziative legislative sulla legge elettorale, limitandosi a «favorire» il lavoro delle Camere.
Comunque il governo ha trasmesso sia il decreto Milleproroghe sia il Salva-banche al Senato, lasciando così «libero» il Calendario della Camera per la riforma dell'Italicum. Il terzo grande tema sono le banche, con il decreto che inizierà il suo cammino in Commissione Finanze del Senato, martedì 10. Lo stesso giorno l'Aula di Palazzo Madama voterà per accordare la procedura di urgenza all'iter dei ddl (presentati da tutti i gruppi) che istituiscono una Commissione di inchiesta su Mps.
Il governo conta su un approccio bipartisan sul decreto banche, ma alla Camera il capogruppo di Fi Renato Brunetta ha portato in Aula una mozione sul tema che impegna il governo a iniziative legislative più ampie (compreso il ritocco della riforma delle Popolari) su cui non c'è consenso da parte della maggioranza. Anche sulla mozione si voterà in settimana e un clima di dialogo o infuocato potrebbe influire sul confronto sulla legge elettorale.
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