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Rai sotto la lente dell'Anac, ombre sulle nomine

ROMA. Dopo le nomine in Campidoglio, finiscono sotto la scure dell'Autorità Anticorruzione di Raffaele Cantone anche quelle effettuate dal dg Rai Antonio Campo Dall'Orto. Mancata ricognizione delle risorse interne, conflitti di interesse, irregolarità procedurali: si allungano ombre sulla squadra di dirigenti chiamata a Viale Mazzini. I rilievi non sono vincolanti per l'azienda e non invalidano automaticamente i contratti, ma non saranno privi di conseguenze sul piano pratico e politico. Il terreno delle chiamate esterne, come quello degli stipendi, è tra i più scivolosi per l'attuale vertice, che non è stato immune su questo fronte neanche dalle critiche del governo che lo ha designato.

Di censura «senza precedenti» e situazione che «mina la credibilità del servizio pubblico» parla l'Usigrai, che ha presentato l'esposto. Il Codacons, intervenuto nella procedura con una denuncia sugli stipendi d'oro, invoca, invece, un'azione della Procura. Ora la parola passa alla Corte dei Conti, che dovrà valutare un eventuale danno erariale e possibili responsabilità, ma anche al Tesoro al quale l'Anac ha trasmesso gli atti. La Rai promette di aprire «un confronto con l'azionista» e fa sapere che valuterà attentamente le raccomandazioni dell'Autorità, ma sottolinea che la delibera evidenzia una «sostanziale correttezza dei principi adottati».

Sono ventidue le posizioni esaminate: dal direttore di Rai3 Daria Bignardi al direttore di Rai2 Ilaria Dallatana, dal direttore editoriale informazione Carlo Verdelli al direttore di Raisport Gabriele Romagnoli, fino al conduttore di Politics Gianluca Semprini. L'Autorità rileva irregolarità rispetto al regolamento anti-corruzione, in particolare per la mancanza del job posting, cioè l'annuncio della posizione vacante per effettuare una verifica tra le risorse già presenti in azienda. Solo la nomina del Chief of Brand and Creative Roberto Bagatti risulta immacolata.

Più delicata la situazione del capo della sicurezza Genseric Cantournet, per la quale sussiste «un'ipotesi conflitto di interessi», perchè ad effettuare la selezione sarebbe stata la società del padre. La tv pubblica assicura che «esaminerà a fondo» la sua situazione e già circolano voci di un possibile licenziamento. Irregolarità procedurali sono state riscontrate anche nelle nomine del capo staff del dg, Guido Rossi, e del responsabile delle relazioni con i media, Luigi Coldagelli, sulle quali sarà il Tesoro a compiere una valutazione.

Nessuna censura, invece, sul numero delle nomine: non è stata per il momento superata la quota del 5% dei dirigenti esterni, anche se ormai si è a ridosso del limite. Fatto sta che, d'ora in poi, secondo quanto chiesto dall'Anac e promesso dall'azienda, le norme anticorruzione dovranno essere effettivamente applicate, a partire «dalla ricognizione preventiva delle professionalità interne».

Anche la Commissione di Vigilanza dovrebbe presto chiedere lumi sulla vicenda. «È necessario convocarla immediatamente», chiede Maurizio Gasparri di Fi, che invoca licenziamenti come Alberto Airola di M5S. «Ora l'azienda cerchi di riscattarsi, applicando subito il tetto da 240 mila euro agli stipendi», aggiunge dal Pd Michele Anzaldi. «Nel momento in cui arriverà una normativa è chiaro che verrà applicata», fa sapere il dg in merito alla disposizione contenuta nel ddl sull'editoria, che, approvato al Senato, passa ora alla Camera.

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