ROMA. La visita ad Arcore il 15 luglio come antipasto, le dimissioni da capogruppo 4 giorni dopo, il ritorno in FI al gong prima della pausa estiva: era ormai attesa la decisione di Renato Schifani di dire addio ad Ap e tornare agli azzurri. Una decisione che arriva l'ultimo giorno 'lavorativo' del Senato assieme a quella, identica, del collega Antonio Azzollini, e che trova, oltre alla 'benedizione' di Silvio Berlusconi, l'esultanza degli azzurri.
A cominciare da chi vuole una FI più forte in chiave moderata. Schifani "ha continuato a coltivare le radici e i valori fondativi di FI, tanto da essere indotto al gesto di abbandono della sua importante carica nel momento in cui ha riscontrato una divergenza insanabile tra l'indirizzo politico di Ap ed il suo pensiero", sono le parole con cui l'ex Cavaliere accoglie di uno dei 'big' prima di FI e poi del Pdl. Un ritorno che - con quello di Azzollini - segue solo di poche ore l'incontro interlocutorio avvenuto ieri a Villa San Martino tra Berlusconi e Matteo Salvini.
Nel colloquio, giunto dopo diverse settimane di silenzio e tensione e con una FI rivoluzionata dal nuovo corso targato Stefano Parisi, l'ex premier e Salvini hanno parlato soprattutto di programmi, consapevoli che è solo da lì, oggi, che può ricominciare a partire l'a loro alleanza. Ma anche ieri Salvini è stato chiaro: in una coalizione che torni al passato lui certo non ci starà.
Eppure, i ritorni eccellenti di Schifani e Azzollini sembrano andare in una direzione opposta a quella prospettata dal leader leghista. Una direzione dal chiaro stampo moderato e anti-lepenista. E' una scelta "in linea con la necessità che lavori alla costruzione dell'alternativa di governo alla sinistra di Renzi chiunque si riconosca nei valori, nei principi e nella visione del Paese di centrodestra", sottolinea il capogruppo FI al Senato Paolo Romani mentre la sua vice, Anna Maria Bernini, osserva: "è la dimostrazione più significativa del rilancio dell'azione politica dei moderati messa in campo da Berlusconi".
Un'azione, precisano Schifani e Azzollini marcando il loro non più ricucibile dissenso con Alfano, che deve essere "alternativa alla sinistra". A loro, assicurano in Ap, fino al referendum non seguiranno altre uscite. Fonti FI prevedono che il prossimo sia Giuseppe Esposito ma il diretto interessato nega: "la mia battaglia è in Ncd. Ritengo che si debba uscire dalla maggioranza".
Intanto l'addio di Schifani e Azzollini viene accolto da un gelido silenzio dai centristi, a cominciare da Angelino Alfano. Il progetto di una grande area di centro, che ha con Ala una piattaforma comune per il Si, va avanti, seppur con due senatori (ormai in perpetuo dissenso) in meno. E, parallelamente, prosegue anche il lavoro di Parisi in FI.
Un partito dove cresce l'attesa sul 'rapporto' che l'ex ad di Fastweb presenterà a settembre e dove resta, tuttavia, il malumore, a cominciare da quello dei colonelli: oggi, a Palazzo Madama, hanno parlato a lungo Paolo Romani, Maurizio Gasparri, Giovanni Toti e Altero Matteoli. E l'impressione è che sul tavolo ci fosse lo studio di una qualche contromossa.
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