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Migranti, Renzi: "Ok all'accordo con la Turchia, ma nel rispetto dei diritti"

«La questione migratoria - ha detto il premier - andrebbe inserita in un quadro più normale, più logico ma è difficile per la mancanza di attuazione di un progetto che prevedeva hotspot, riallocazione e rimpatri. Gli hotspot sono stati fatti, le riallocazioni ed i rimpatri no».

ROMA. Per l'accordo con la Turchia «non è questa la sede di recuperare il filo storico della relazione tra Ue e Turchia, errori sono stati commessi in passato da alcuni paesi ma il negoziato è un punto diverso. È giusto fare l'accordo con la Turchia ma ci sono principi che sono per noi fondamentali a partir dai diritti umani e dalla libertà di stampa». Così il premier Matteo Renzi in aula alla Camera definisce i termini della trattativa per l'accordo con la Turchia sui migranti. «La questione migratoria - continua - andrebbe inserita in un quadro più normale, più logico ma è difficile per la mancanza di attuazione di un progetto che prevedeva hotspot, riallocazione e rimpatri. Gli hotspot sono stati fatti, le riallocazioni ed i rimpatri no».

«L'Europa va su Marte ma si ferma a Idomeni e vede un bambino costretto a essere lavato dalla propria mamma con una bottiglia d'acqua perchè quel bambino è stato partorito in un campo profughi». Continua il premier Matteo Renzi nelle comunicazioni alla Camera in vista del Consiglio europeo del 17/18 marzo. Renzi coglie l'occasione per sottolineare che se «l'Europa va su Marte è anche grazie all'intelligenza e alla capacità degli uomini e delle donne del nostro Paese».

«Il Consiglio europeo si riunisce per la terza volta in un mese, segno di qualcosa che non va, direi innanzitutto nel metodo oltre che nel merito». Continua il premier alla Camera. «Questo pone una grande questione che l'Italia ha evidenziato, siamo fiduciosi che finalmente si potrà reimpostare un metodo diverso ma per il momento prendiamo atto che l'ordine del giorno è lo stesso degli ultimi Consigli europei», spiega Renzi evidenziando come tutto ciò mostri «che le istituzioni Ue hanno bisogno di nuova energia e di un deciso cambio di organizzazione».

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