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Roma, Renzi: "Si era rotto il rapporto tra Marino e la città"

MILANO. «Più che con il Pd si è rotto il rapporto tra il sindaco di Roma Ignazio Marino e la città». Il premier Matteo Renzi affronta il caso del sindaco di Roma dimissionario a «Che tempo che fa» e assicura che non sarà lui a scegliere il nuovo primo cittadino perchè «dovranno decidere i romani». Di nomi per possibili successori o commissari non vuole farne. «Sabella - osserva rispondendo a Fazio - è un ottimo nome, è un magistrato e ha fatto un grosso lavoro sulla legalità», ma il nome del commissario «lo deciderà il prefetto di Roma». «Io - aggiunge - mi auguro che nei prossimi mesi chiunque possa dia una mano, perchè, prima delle discussioni tra correnti, viene Roma».

Per Marino intanto è arrivato il «D-Day» e, incontrando i numerosi supporters oggi in piazza per difenderlo, avverte che lui non ci ripenserà. Solo che il suo addio potrebbe anche trasformarsi in un arrivederci. Il bagno di folla tra tanti elettori e iscritti del Pd che lo hanno votato, e gli oltre 40mila che su Change.org gli chiedono di non dimettersi, non lo fanno solo commuovere fino alle lacrime, come confiderà più tardi su facebook. Lo rafforzano in un convincimento radicato: «Voi siete il sale della democrazia e costituite un patrimonio che Roma non può e non deve perdere». E se in tanti oggi gli suggerivano di ricandidarsi, se i consiglieri della sua lista civica si dicevano pronti a sostenerlo anche in una nuova corsa, il sindaco sembra non lasciare chiusa la porta. Un sogno che i ben informati in Campidoglio non escludono possa diventare realtà. Con Ignazio Marino pronto a correre di nuovo nelle elezioni di primavera, questa volta «mai più con il Pd», come gli chiedono i suoi fan, e forte di una sua lista civica.  Un'ipotesi che fa tremare un Pd a Roma già logorato.

Così la guerra di nervi con il sindaco dimissionario, tentato fino a ieri ad andare alla conta in consiglio comunale, non è finita. Dopo l'ennesimo stop del commissario romano del partito Matteo Orfini che ha ricordato i «troppi errori», e l'arma sempre innescata di una mozione di sfiducia o delle dimissioni in massa dei consiglieri, il sindaco ha abbassato la guardia. E ha fatto anche «un atto di responsabilità, visto il clima di questi giorni, evitando di andare ieri in tv da Fabio Fazio», come ha confidato ai suoi collaboratori.

Così ora si getterà in 20 giorni di ultimo lavoro sulle priorità della città, a partire dall'avvio di tutti i cantieri del Giubileo. Anche oggi, dopo aver celebrato in Campidoglio le nozze di un consigliere della sua lista civica, è tornato al lavoro.  Ma ad aspettare Marino ci sono anche gli sviluppi dell' inchiesta aperta dalla Procura dopo «lo scandalo degli scontrini», che ha spinto il Pd a metter la croce sopra il sindaco «marziano». Marino rischia di essere indagato per peculato per una serie di rimborsi spese contestati e già domani scatterà l'attività istruttoria. E su questo la Lega va all' attacco. «Se uno sbaglia, cade, chiede scusa e va a casa. Ma la parolina magica 'scusà io ancora non l'ho sentita...», dice Matteo Salvini.

Mentre tutto il centrodestra stoppa qualsiasi ipotesi di rinvio delle elezioni di primavera e Berlusconi assicura che la riconquista del Campidoglio è «un obiettivo alla nostra portata e non dobbiamo farcelo sfuggire».  Anche la Chiesa torna a farsi sentire, ampliando l'orizzonte. Il cardinale vicario Agostino Vallini annuncia una «Lettera alla città» stilata, in vista del Giubileo, perchè Roma sia «stimolata a rinascere, ad avere una scossa». «Ripartire dalle molte risorse religiose e civili presenti a Roma», esorta Vallini che auspica anche la «formazione di una nuova classe dirigente nella politica». Mentre il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, si è detto sereno che le dimissioni di Marino «non metteranno a rischio i lavori per il Giubileo». La Città eterna, insomma, può guardare avanti.

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