ROMA. La verifica avviata da Ignazio Marino per capire se ci sono ancora margini per ritirare le annunciate dimissioni provocano ai vertici del Pd poco più di un'alzata di spalla. «È finita, o lunedì il sindaco formalizza le dimissioni o lo sfiduciamo in Aula», è il messaggio che gli ambasciatori di Matteo Renzi hanno recapitato al primo cittadino.
Il leader Pd non ha più alcuna intenzione di tornare sulla vicenda e ha già fissato la road map per cercare di far risalire il partito in vista delle elezioni di primavera: organizzare il Giubileo sul «modello Expo» ed individuare il candidato che abbia più chance per risalire i sondaggi. Il presidente del Consiglio, oggi impegnato in un tour in Veneto, culla delle piccole e medie imprese e del pil italiano, è irritato dall'ostinazione di Marino e dal conseguente danno di immagine per il Pd. «Ora dobbiamo rimboccarci le maniche e replicare a Roma il successo dell'Expo», ripete il premier che, sia a Verona sia a Treviso, ha ripetuto: «nessuno credeva alla riuscita dell'esposizione milanese e ora chiuderemo con 20 milioni di spettatori».
Rialzare la testa nella capitale, e quindi tentare una rimonta elettorale, è possibile per Renzi solo a due condizioni: tornare a gestire, già nella fase commissariale, la città «sistemando le strade» e pensando a pulizia e servizi e a chiudere la stagione di un Pd dilaniato tra correnti. Il governo deciderà nelle prossime settimane il commissario prefettizio che reggerà Roma fino al voto. I nomi che girano con più insistenza, Raffaele Cantone e Alfonso Sabella, vengono considerati come improbabili tra i dem. Ma al di là del commissario e di un'eventuale commissario straordinario del Giubileo, Renzi ha deciso di avere un ruolo attivo, attraverso Palazzo Chigi ed il sottosegretario Claudio De Vincenti, nella preparazione e alla gestione del Giubileo. «Ci giochiamo la credibilità rimasta dopo i tanti errori di Marino», sono consapevoli al Nazareno.
Anche se il leader Pd non ha ancora messo la testa sulla scelta del candidato, chi lo conosce assicura che i tempi non saranno lunghissimi. Anche per evitare che a Roma come a Milano il centrodestra e M5S partano prima in campagna elettorale, scegliendo chi correrà nei due capoluoghi. La scelta per la capitale sarà tutt'altro che semplice vista la gatta da pelare. E dal confronto dentro il Pd e tra gli alleati si capirà se le primarie possono rappresentare un volano per riaffezionare elettori o se, spiegano tra i dem, rischiano di diventare un ulteriore terreno di scontro e divisioni fratricide.
Il toto-nomi è comunque partito. «Sto facendo il presidente dell'Anac e continuerò a farlo. Abbiamo tantissime cose in corso che sono priorità importanti per l'Autorità e per il Paese ed è giusto che continui ad occuparmi di queste cose», si sfila Raffaele Cantone. Ma rispetto a nomi della società civile, da Cantone a Giovanni Malagò allo stesso prefetto Franco Gabrielli, i più nel Pd sono convinti che Renzi alla fine cercherà il profilo di un politico capace perchè non è vero, ha ricordato anche oggi a Verona, «che la politica non è in grado di cambiare fino in fondo le cose, come ci dicevano un anno e mezzo fa».
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