PALERMO. «Il sistema privatistico di gestione dell’acqua in Sicilia è stato in molti casi fallimentare»: Rosario Crocetta ha rotto il silenzio andando in pressing sul Parlamento per far approvare la riforma dando le competenze in mano ai sindaci e a società pubbliche. È iniziato così il voto sulla riforma che più sta spaccando la maggioranza e lo stesso governo.
Crocetta ha ufficializzato la propria contrarietà alla linea invocata dall’assessore al ramo, Vania Contrafatto. La renziana ha invece continuato a sollecitare emendamenti che riaprono il settore ai privati, segnalando che così prevedono norme nazionali e comunitarie.
Intanto l’incertezza ieri ha reso lentissimo il cammino della riforma. L’Ars ci ha messo tre ore ad approvare il solo primo articolo. Che però, come chiedeva Crocetta, è passato senza emendamenti. E introduce già principi che modificano radicalmente il settore: «L’acqua è un bene comune pubblico privo di rilevanza economica e non assoggettabile a ragioni di mercato» si legge al primo comma.
L’articolo 1 enuncia la filosofia della riforma che è quella di «disciplinare funzioni e compiti per il governo pubblico del ciclo integrato dell’acqua». Previste anche «l’erogazione giornaliera di un quantitativo minimo vitale di 50 litri a persona» (sarà gratuita o scontatissima) e una tariffa unica regionale calmierata. Sono principi su cui Crocetta mette insieme i fedelissimi. Nino Oddo (Psi) ripete il mantra del presidente: «Ormai nelle principali capitali europee, a cominciare da Parigi, si sta affermando un modello di gestione interamente pubblico».
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