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Boldrini: in Italia troppe disuguaglianze, la politica agisca

ROMA. «L'Italia è uno dei Paesi in Europa dove la disuguaglianza tra le classi sociali è cresciuta di più, è tripla rispetto alla media Osce, mentre il 53% degli italiani resta inchiodato al suo ceto di origine. Questo vuol dire che non c'è sufficiente mobilità e che l'ascensore per molti è fermo. E vuol dire che c'è meno democrazia». Lo dice la presidente della Camera Laura Boldrini aprendo il convegno su «Il microcredito per sfidare la crisi», chiedendo alla politica «di intervenire per ridurre le disuguaglianze».

Boldrini punta il dito sul «modello di società estremamente individualista e concorrenziale che proponeva di liberare il mercato da ogni regolamentazione, nella convinzione che la corsa all'arricchimento personale di qualcuno avrebbe prodotto spontaneamente benefici per tutti. E se qualcuino restava indietro, la compassione e la beneficienza avrebbero pensato a lenire le sue ferire. In realtà - rileva - chi era ricco è diventato ancora più ricco e chi era povero tale è rimasto, mentre la classe media scivolava sempre più nella scala sociale. Sono cresciute in modo inaccettabile le disuguaglianze sociali, tra le diverse nazioni ed all'interno di ciascuna di esse».  Rispetto a questo quadro, secondo la presidente della Camera, «la politica deve assumersi le proprie responsabilità. Non si può lasciar fare il mercato: bisogna intervenire in modo attivo e concreto per ridurre le disuguaglianze. E non bastano iniziative caritatevoli. Il povero non è una persona da assistere ma un essere umano con idee e potenzialità da fare emergere».

Dunque, per Boldrini «combattere la povertà è necessario. E ridurla è possibile perchè non è determinata da un accidente divino ma da un certo sistema economico e sociale che così come è stato realizzato può anche essere cambiato e corretto. Il microcredito può essere uno degli strumenti della lotta alla povertà al pare di misure di sostegno ai redditi più bassi». Perchè, conclude, i quasi otto milioni di italiani in condizioni di povertà relativa e i quasi quattro milioni in povertà assoluta sono «cifre impressionanti che dovrebbero spingere tutti alla massima assunzione di responsabilità».

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