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Dalla rivoluzione alla crisi, ma Crocetta resiste: "Stop a nuovi rimpasti, andiamo avanti"

PALERMO.  Dalla rivoluzione fallita con la  «giunta supersonica» di Zichichi e Battiato, al  'commissariamentò di pezzi di amministrazione, come nel caso  del bilancio con l'assessore 'inviatò da Roma (Alessandro  Baccei) per risanare i conti disastrosi e ai summit a Palazzo  Chigi con ministri, sottosegretari e big siciliani del Pd ma  senza il presidente della Regione siciliana. Fino all'ipotesi di  elezioni anticipate ad aprile, caldeggiata negli ultimi giorni  dai renziani e 'sfumatà, almeno per ora, sotto le resistenze di  quel plotone di deputati che malvolentieri mollerebbe le 90  poltrone dell'Assemblea regionale siciliana, anche perchè dalla  prossima legislatura gli scranni saranno ridotti a 70. Rosario  Crocetta, insomma, sembra avere sette vite. L'uomo solo, in  realtà, non è così solo.

 Il governatore della Sicilia non molla. E neppure i suoi  alleati: nonostante proclami, sgambetti, maldipancia, ambizioni  e mozione di sfiducia in casa, come quella minacciata dal  deputato dem Fabrizio Ferrandelli. Le dimissioni di tre  assessori in pochi giorni, tra le quali spiccano quelle di Lucia  Borsellino, fin dall'inizio a fianco di Crocetta, sembravano  avere messo fine all'«epopea» del «presidente rivoluzionario»  che si autodefinisce più rottamatore dei renziani e più grillino  dei grillini. Giampiero D'Alia, Davide Faraone, Enzo Bianco solo  alcuni dei nomi già in campo per il post.

 Ancora una volta, però, la realpolitik, ha stoppato il  countdown. Crocetta rimane in sella: «Il mio governo porterà la  Regione a fine legislatura», dice dopo la tempesta. Intanto, il  Pd rafforza il suo 'pesò piazzando l'ex capogruppo  all'Assemblea nella giunta, Baldo Gucciardi (delega alla Sanità,  il 37mo assessore in tre anni) e l'Udc placa i suoi ardori con  l'ingresso nell'esecutivo dell'ex segretario regionale Giovanni  Pistorio (delega alla Funzione pubblica). Certo, i cespugli  della maggioranza, come Sicilia democratica e Pdr, mugugnano. Ma  una soluzione soft la politica la trova sempre. Sicuramente,  avverte Crocetta, «non voglio sentire proposte di rimpastoni o  rimpastini». Avanti così.  Anche se nel Pd gli ex cuperliani  sono convinti che «non è più il governo di Crocetta ma con  Crocetta». E il governatore, sotterra l'ascia, facendo il  moderato: «Io voglio rinnovare il patto di governo con le forze  alleate». E parla «di lealtà con tutto il Parlamento e di  confronto pattizio con il governo del Paese», messaggio rivolto  a quei 'renzianì pronti a farlo cadere a ogni passo falso. Per  Crocetta «si può fare, dunque». E «in questo 'we can' che -  insiste il presidente - noi lanciamo l'idea di una Sicilia che  si rinnova per candidarsi a diventare una delle regioni più  moderne e avanzate d'Europa, attraverso un rapporto rinnovato di  relazioni con l'Europa stessa e con lo Stato e una grande  proiezione nel Mediterraneo». Le riforme da fare, quelle che  tutti invocano nella maggioranza e nelle opposizioni, però  rimangono al palo. Solo alcune: acqua pubblica, rifiuti,  Province, formazione professionale. Ancora: Camere di commercio,  testo unico delle attività produttive, liquidazione e dimissione  degli enti pubblici ritenuti inutili. Infine la riforma  elettorale. Forse quella che sta più a cuore, 20 posti in meno  all'Ars dalla prossima legislatura non è questione da  poco.

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