ROMA. Matteo Renzi pone una fiducia di fatto sulla legge elettorale, anche se quella in Parlamento deve essere ancora decisa: se l'Italicum non passa, ha detto il premier senza giri di parole, «il governo cade». Parole che cercano di inchiodare l'intera minoranza del Pd, anche se verso una parte di essa è già partita l'operazione di «recupero», a cominciare dal capogruppo dimissionario Roberto Speranza. Renzi replica colpo su colpo soprattutto alle critiche di Enrico Letta, che oggi esprime dubbi sull'opportunità di far passare una legge con una maggioranza «risicata», e anche a quelle di Romano Prodi: che nel centrosinistra nessuno aveva finora osato prendere di petto.
«Se non passa l'Italicum - ha detto Renzi a Otto e mezzo - credo proprio che il governo cade. Se il governo, nato per fare le cose, viene messo sotto, allora vuol dire che i parlamentari dicono: 'andate a casa. Non sono per tenere la poltrona aggrappata alle terga». Un ragionamento che vuole spiazzare quanti, nella minoranza del Pd e tra i partiti piccoli della maggioranza di governo, puntano ad uno sgambetto sull'Italicum presupponendo che Renzi non voglia le urne con il Consultellum, l'attuale sistema elettorale che è un proporzionale puro. Sul versante interno al Partito democratico, Renzi punta a recuperare l'intera Area Riformista, la componente che fa capo a Roberto Speranza, una parte della quale sì è già pronunciata per un voto favorevole all'Italicum, come ha oggi detto Dario Ginefra. Renzi ha parlato con Speranza invitandolo a ritirare le dimissioni e a votare per l'Italicum, dopo che la maggioranza del gruppo si è espressa in tal senso. Area Riformista raccoglie 85 deputati, e un suo completo schieramento a favore della riforma renderebbe ininfluenti i voti in dissenso degli irriducibili (Pippo Civati, Stefano Fassina, Alfredo D'Attorre, ecc).
Quanto alla fiducia in senso vero e proprio da porre in Parlamento, Renzi ha detto che su di essa si deciderà martedì. Intanto, tenere alta la tensione ci hanno pensato il blog di Beppe Grillo ed Enrico Letta. Il primo ha ospitato un post dell'ideologo del Movimento, Aldo Giannuli, che ha parlato di «colpo di Stato» chiedendo l'intervento del presidente Sergio Mattarella. Enrico Letta ha invece ribadito le proprie perplessità, non tanto sul merito della legge, ma sul fatto che l'Italicum sia approvato «con la contrarietà di tutte le opposizioni, esterne e addirittura anche interne» al Pd. E, appunto, con una manciata di voti oltre la maggioranza semplice. Prima il ministro Maria Elena Boschi ha replicato sottolineando che le riforme si erano «completamente fermate» con il governo Letta, mentre l'esecutivo di Renzi ha avuto «la forza di superare questa fase di blocco totale»; poi lo stesso Renzi è intervenuto in modo ancor più sferzante: «Hanno due libri in uscita» ha detto riferendosi alle recenti critiche di Letta e di Romano Prodi. Sul problema di una eventuale approvazione della legge con una maggioranza risicata, Renzi non ha tentennato: «Se passa offro da bere, sono anni che non passa la riforma della legge elettorale». Ancora più liquidatorio il suo commento alle critiche del «padre nobile» del Pd che aveva detto di preferire l'Ulivo al «partito della nazione» di Renzi: «più che rifare l'Ulivo io voglio rifare l'Italia».
Il premier ha poi parlato di Lo Porto, il cooperante palermitano ucciso: «Faremo di tutto per recuperare quel corpo anche se è molto difficile. Come si fa a definirlo un ostaggio di serie B? La Farnesina ha fatto di tutto in questi anni, alla famiglia abbiamo portato prove che era in vita.Io capisco il dolore della famiglia, non capisco la polemica politica. L'America è stata corretta con noi».
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