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Italicum, Aventino delle opposizioni ma Renzi va "avanti su tutto"

Lo strappo non frena il premier Matteo Renzi che risponde a polemiche interne ed esterne con un messaggio chiaro, che non lascia spazio a concessioni: «nessuna palude, avanti su tutto»

ROMA. All'indomani della sostituzione dei ribelli Pd un nuovo strappo, questa volta delle opposizioni, segna l'avanzare dell'Italicum in commissione prima del suo approdo in Aula lunedì. Le opposizioni oggi infatti rispondono con la trincea più plateale, optando per l'Aventino, lasciando la sola maggioranza a dibattere sugli emendamenti e rinviando di fatto la battaglia in Aula dove, a meno di clamorosi dietrofront, verrà chiesto il voto segreto. Ma lo strappo non frena il premier Matteo Renzi che risponde a polemiche interne ed esterne con un messaggio chiaro, che non lascia spazio a concessioni: «nessuna palude, avanti su tutto».

E se la presidente della Camera Laura Boldrini si dice «preoccupata» invitando tutti «ad adoperarsi per evitare» nuovi strappi e il vice segretario Pd Lorenzo Guerini parla di «strumentalizzazioni», il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi accusa le opposizioni di non avere «dimestichezza con le regole democratiche». Ma la sostituzione dei 10 deputati Pd e l'ira delle opposizioni fa calare un'ombra sui lavori della commissione. Il clima, al 4/o piano di Montecitorio, è pesante, i deputati Pd subentrati ai ribelli - da Stella Bianchi a Giampaolo Galli fino all'ex Sel Ileana Piazzoni - sottolineano che il loro non è un atto di obbedienza ma di rispetto della
democrazia mentre l'opposizione urla tutta la sua rabbia.

«Sono sostituzioni in stile sovietico», attacca Sel. «Sono deportazioni, questo è il 'deportellum' è una farsa blindata di Renzi», tuona Renato Brunetta mentre Ignazio La Russa di Fdi annuncia che «per solidarietà» a M5S, FI, Sel e Lega uscirà anche lui dalla commissione ma chiede: «perchè quelli della minoranza non sono qui a protestare?». Alla fine escono tutti mentre Emanuele Fiano, responsabile Riforme del Pd, respinge le critiche di chi, come FI, ha votato la «stessa legge al Senato» o di chi, come il M5S ha «espulso decine di parlamentari».

In commissione, complice il loro Aventino, gli emendamenti delle opposizioni decadono e i pochi rimasti vengono respinti. Domani sarà il giorno del mandato al relatore per un Italicum sul quale Renzi vuole più che mai tirar dritto. «Si chiama democrazia quella in cui si approvano le leggi volute dalla maggioranza, non in cui vincono i blocchi imposti dalle minoranze», scrive il premier su Facebook difendendo la scelta di sostituire i dissidenti che, ripetono i renziani, è il frutto della regola che in commissione si rappresenta il gruppo. E di fronte all'ira delle opposizioni Renzi non arretra: «consegneremmo l'intera classe politica alla palude».
Ora resta da vedere se il governo farà l'ultimo passo per blindare il ddl in Aula con 4 fiducie poste sui 4 articoli, evitando così emendamenti e voti segreti. Un passo che buona parte della minoranza Pd - domani sera si riunirà Area Riformista - reputa grave avvertendo che, così, Renzi «entra in una terra incognita». Mentre Ap tenta un'ultima mediazione esortando i gruppi di non chiedere lo scrutinio segreto e al governo di non porre la fiducia. Ma Brunetta, già oggi, annuncia che il voto segreto lo chiederà. Ed è a lui che si rivolge Boschi: «non è comprensibile a meno che non ci sia imbarazzo rispetto al non votare una legge identica a quella votata dallo
stesso gruppo al Senato». E la fiducia? «È prematuro», frena il ministro. Ma nessuno, tra i renziani, ormai la esclude.

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