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Trivellazioni in Sicilia, Crocetta: daranno lavoro e soldi

Il presidente della Regione risponde alle critiche: «C’è chi vuole tornare all’era premoderna quando si viveva con le candele»

PALERMO. «La verità è che chi dice no alle trivellazioni vuole una Sicilia fatta solo di fichi d’india. Vogliono tornare all’era premoderna, borbonica, quando si viveva con le candele. Io invece sogno un’isola in cui l’agricoltura e il turismo convivano con l’industria, la banda larga e l’alta velocità»: Rosario Crocetta ha letto le critiche che da giorni piovono sul governo da opposizione, pezzi di maggioranza e associazioni ambientaliste per il nuovo piano di ricerca ed estrazione petrolifera. Il presidente è irritato: «Nessuno ha letto davvero i protocolli firmati».

Lì, in quegli accordi con Eni e altri petrolieri internazionali, ci sarebbero le basi per creare nuovi posti di lavoro e risanare il bilancio regionale.

Crocetta incalza chi lo critica: «Con questi accordi smontiamo il colonialismo del passato. L’Eni assegnerà alla società che farà le trivellazioni la sede legale in Sicilia. E contiamo sul fatto che anche le altre aziende lo facciano. Così per la prima volta applichiamo quell’articolo 37 dello Statuto che viene sempre invocato da tutti». Secondo Crocetta gli introiti fiscali ricavati dalle trivellazioni «valgono nel solo caso dell’Eni circa 250 milioni all’anno. E se estendiamo il parametro alle altre compagnie, arriviamo a una cifra compresa fra i 300 e i 500 milioni annui. È assurdo che un’attività tanto redditizia, senza alcun impatto ambientale, venga ostacolata».

Va detto che le critiche piovute sul governo ruotano intorno a un punto chiave dei protocolli siglati con i petrolieri: la Regione si sarebbe impegnata a non aumentare le royalties, cioè le tasse parametrate alla produzione. In pratica, pur ricavando di più dalla loro attività le aziende pagherebbero alle stesse aliquote di oggi. Il presidente però precisa: «Un protocollo d’intesa ha un valore politico. Non è vincolante di fronte a una legge. E la competenza a legiferare sulle tasse resta all’Ars. Il governo si è solo impegnato a non esasperare la politica fiscale».

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