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Personale della Regione, i sindacati: siamo pronti a cambiare le regole

Il capo del Personale della Regione: una delibera fisserà i criteri per coprire in futuro i vuoti negli organici degli assessorati

PALERMO. La Regione studia una soluzione amministrativa per consentire i trasferimenti di personale senza chiedere il loro preventivo consenso. Mentre i sindacati si dicono disponibili a cancellare l’atto di interpello, la procedura che fino a ora non ha quasi mai permesso di coprire i vuoti spostando funzionari e dirigenti.

È esploso il caso-trasferimenti, complice l’ennesima emergenza che ha impedito all’assessorato all’Economia di assegnare 42 incarichi dirigenziali: nessuno vuole andare a occuparsi di bilancio. Al punto che l’assessore Roberto Agnello è stato costretto ad ammettere che «siamo in ginocchio e l’attività dell’assessorato va a rilento». Crocetta agirà d’imperio. Mentre il capo del Personale, Luciana Giammanco, da giorni lavora a una delibera che fissi criteri generali per arrivare a coprire i vuoti.

Una legge che prevede le esigenze di servizio ci sarebbe ma non è applicabile perchè mancano decreti attuativi e concertazione sindacale. La Giammanco sta studiando per risolvere un problema analogo segnalato alla Formazione: una soluzione sul tappeto sono i trasferimenti annuali, già possibili. Ma la dirigente, lavorando sul combinato della legge 26 e dell’articolo 62 del contratto, punta a consentire anche i trasferimenti definitivi: bisogna regolamentare i criteri per individuare il personale da trasferire e quelli per evitare che l’assessorato di provenienza resti sguarnito e vada quindi a sua volta in crisi.

Ma il Dirsi, il sindacato dei dirigenti regionali, segnala anche un’altra possibilità: «Ci dovrebbero essere degli elenchi - spiega il segretario Eugenio Patricolo - in cui sono evidenziati i dirigenti senza incarico. Loro non possono rifiutare un trasferimento. E dunque in prima battuta si potrebbe indicare loro per i vuoti già noti». Ma alla Funzione pubblica segnalano che c’è un elenco solo dei dirigenti che hanno un incarico, non degli altri. Anche su questo, secondo le anticipazioni di Crocetta, bisognerà lavorare. Il Cobas Codir ha rilevato che «all’Economia si lavora di più a parità di stipendio e questo scoraggia i trasferimenti».

Ma il Dirsi vede il problema da un’altra angolazione: «I dirigenti del Bilancio - aggiunge Patricolo - in passato venivano assunti con contratti ad hoc proprio per la loro specialità, poi è stata cambiata la legge e si è perfino consentito che personale assunto per compiti specifici si trasferisse in uffici di gabinetto e ragionerie interne di altri assessorati. Gli ultimi due capi di gabinetto dello stesso Crocetta hanno fatto lo stesso percorso». Per tutti questi motivi il Dirsi si dice favorevole a cambiare le regole sull’interpello «ma va rivista tutta la legge 10 che regola l’amministrazione».

Fra i confederali, la Uil con Claudio Barone si spinge oltre: «Bisogna contrattare la mobilità per utilizzare al meglio il personale ed evitare la paralisi. Per anni l'alibi è stato quello della rigidità sindacale che avrebbe impedito lo spostamento dei lavoratori. Ma quando la Uil ha dichiarato che avrebbe favorito i processi di mobilità, l'amministrazione anziché confrontarsi ha preferito attuare le procedure d'interpello, pur sapendo che sono perfettamente inutili o fatti per favorire qualcuno». La Cgil, con il segretario Michele Pagliaro, allarga l’analisi: «L’interpello è una procedura che non può prescindere dalla volontarietà ma che serve anche all’amministrazione.

Sarebbe utile sapere quanti dirigienti generali danno il nulla osta quando un dipendenti chiede di essere trasferito rispondendo a un interpello. E non possiamo dimenticare che le politiche recenti sulla dirigenza sono state tutte fallimentari. Negli anni cuffariani furono nominati 2.400 dirigenti, e questa oggi è la situazione...». E per Gigi Caracausi, segretario della Cisl Funzione pubblica, «l’atto di interpello è una grande sciocchezza, serve a non fare nulla. Si regolamenti invece una procedura per la mobilità legata ad esigenze di servizio ma nella stessa città del lavoratore». Il caso ha suscitato la polemica dell’ex assessore all’Economia Michele Cimino, critico nei confronti del successore Roberto Agnello: «Il personale regionale è spesso oggetto di critiche immotivate. Un assessore dovrebbe fornire risposte ai problemi, non sparare nel mucchio»

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