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Regione: addio a Ircac, Crias e Iacp

È quanto prevede un disegno di legge, approvato ieri sera dalla giunta. Il governo di Rosario Crocetta intendere abolire i due enti che erogano credito agevolato alle cooperative e agli artigiani, trasferendo le competenze a Irfis-FinSicilia. Riduzione da 15 a 5 delle società controllate

PALERMO. Addio Ircac, Crias, Istituti autonomi case popolari (Iacp) e riduzione da 15 a 5 delle società controllate dalla Regione. È quanto prevede un disegno di legge, approvato ieri sera dalla giunta. Il governo di Rosario Crocetta intendere abolire i due enti che erogano credito agevolato alle cooperative e agli artigiani, trasferendo le competenze a Irfis-FinSicilia, la società finanziaria controllata dalla Regione, che si sostituirà a Crias e Ircac.

Col piano di restyling delle altre controllate, il governo conta di recuperare risorse immobiliari che andranno ad alimentare un fondo da agganciare all'operazione 'Trinacria bond' per pagare almeno parte del debito verso le imprese, che in totale vantano 2 miliardi di crediti. Una norma sulla mobilità poi consentirà di trasferire il personale dalle società soppresse a quelli che rimarranno in piedi o verso la Regione. Le competenze degli Iacp, invece, passeranno ai comuni. I tagli riguardano anche alcuni contributi; abrogato il
finanziamento di un milione per il Cerisdi.

"TRINACRIA BOND PER PAGARE LE IMPRESE"- Per pagare le imprese che vantano crediti per circa 2 miliardi di euro nei confronti della Regione siciliana, il governo di Rosario Crocetta pensa all'emissione di obbligazioni 'Trinacria Bond' agganciate a un fondo immobiliare costituito dal patrimonio di alcune società controllate, che da 15 passeranno a 5. Interpellato dall'ANSA, Giuseppe Romano, consulente finanziario indipendente e direttore della società Consultique si dice perplesso sull'operazione: così si crea debito su debito.

L'operazione, che per la sua complessità non andrebbe in porto prima della fine dell'anno, è stata denominata 'Trinacria bond'; l'Irfis-Fin Sicilia, finanziaria controllata dalla Regione, si occuperà del bando per la ricerca della società veicolo (Sgr) che gestirà l'emissione obbligazionaria, che per legge deve avere una durata non inferiore a cinque anni e comunque deve avere l'autorizzazione della Banca d'Italia. Secondo le stime del
governo il fondo immobiliare, nella fase iniziale, avrà un valore di 500 milioni di euro. Poichè il piano finanziario è sganciato dal bilancio regionale, il governo in questo modo può aggirare i vincoli del patto di stabilità.  Giuseppe Romano, consulente finanziario indipendente e direttore della società Consultique, avanza perplessità sull'operazione. «Chi tirerà fuori i soldi? Chi sono privati disposti a comprare titoli obbligazionari di una Regione come la Sicilia che ha un rating basso (BBB+)? E a quale tasso? Come si
stabilisce il valore di un portafoglio immobiliare in una situazione di crisi finanziaria come quella attuale, con il mercato degli immobili praticamente fermo», dice.

«Operazioni simili sono state fatte in altre regioni e con evidenti criticità: nel Lazio, in Abruzzo, in Campania - afferma il direttore del centro studi di Consultique - L'unica certezza è che queste operazioni non fanno altro che spalmare il debito trasformandolo da breve a lungo, in più ci pago il tasso, facendo dunque altro debito. Chi ci guadagna sono sicuramente le banche». E ancora: «Dove vanno a finire queste obbligazioni? - prosegue Romano - In genere le banche le piazzano nei sinking found, cioè nella pancia di altre amministrazioni pubbliche. Così a pagare sono sempre i cittadini, soprattutto le nuove
generazioni». Romano avverte: «Bisogna stare attenti; sarebbe opportuno che un'amministrazione pubblica sia più cauta nelle scelte». E indica il modello Padova. «In quella città decine di imprese vantavano crediti nei confronti del comune - sottolinea - L'amministrazione ha firmato accordi con le banche locali, le imprese hanno ottenuto le anticipazioni sui crediti a un tasso convenzionale, con la garanzia per le banche fornita dal comune».

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