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Dirigenti, è scontro sui compensi

L’agenzia per la contrattazione nel pubblico impiego ha proposto un taglio del 20 per cento e la rimozione della clausola di salvaguardia: è muro contro muro con i sindacati che si oppongono

PALERMO. Nel pieno dello scontro sulle rotazioni del personale degli assessorati, l’ultimo braccio di ferro fra governo e sindacati è andato in scena (senza tanto clamore) sui compensi e le garanzie ai dirigenti.  L’Aran, l’agenzia per la contrattazione nel pubblico impiego, ha proposto qualche giorno fa un taglio del 20% alle indennità dei 1.800 dirigenti intermedi e ha provato anche a togliere la cosiddetta clausola di salvaguardia che impone di assegnare a ogni dirigente rimosso un incarico equivalente almeno dal punto di vista economico. Ma i sindacati hanno chiesto di ridiscutere per intero il contratto collettivo, dunque introducendo il tema degli aumenti bloccati dal 2005, e su queste basi la trattativa si è subito arenata. Il taglio del salario accessorio o indennità di risultato è una delle prime misure decise dalla giunta Crocetta all’inizio di dicembre. È una parte della busta paga che non è uguale per tutti i dirigenti intermedi: a seconda dell’ufficio che guidano può valere da 0 a 3.863 euro lordi all’anno, da 3.863 a 15.494 euro lordi all’anno o, al massimo, 23.340 euro all’anno. Crocetta ha previsto un risparmio del 20%. Da estendere anche ai membri degli uffici di gabinetto: dove i vertici hanno un salario accessorio da 43.899 annui. La clausola di salvaguardia è invece presente nel contratto collettivo e un atto di indirizzo del governo Lombardo ne prevedeva l’eliminazione anche per rispettare un preciso input della Corte dei Conti che attribuisce a questa garanzia l’impossibilità di ridurre la spesa per la dirigenza. Ma quando Claudio Alongi, che guida l’Aran, ha introdotto il tema i sindacati hanno fermato tutto. La trattativa si è bloccata sul nascere, e con essa i tagli. Il Dirsi, la sigla più rappresentativa fra i dirigenti, ha chiesto che di questi temi si parli riaprendo la trattativa anche sull’aspetto economico: «Il governo deve fare chiarezza sul comportamento che intende seguire. Si deve parlare di una riapertura della stagione contrattuale e bisogna tenere conto delle risorse da destinare agli aumenti». Il Dirsi chiede anche «la cancellazione di tutti gli incarichi esterni e la valorizzazione dei dirigenti interni». Infine precisa che «non si può rinunciare alla clausola di salvaguardia perchè serve a tutelare il dirigente che fa il proprio dovere, soprattutto in questi giorni caratterizzati da mobilità senza rispetto delle procedure e senza motivazioni».  E anche Marcello Minio e Dario Matranga, leader dei Cobas (sigla più rappresentativa nel comparto dei funzionari), hanno respinto la proposta pur senza entrare nel merito: «In alcuni casi, come per gli uffici di gabinetto, noi siamo per tagliare anche del 50%. Ma il contratto attuale dà la possibilità di ridurre il salario accessorio solo del 10%, se si vuole andare oltre bisogna riscrivere il contratto e dunque parlare di tutto». Fallito il primo incontro, non c’è ancora la data per un nuovo confronto. L’assessore alla Funzione pubblica, Patrizia Valenti, precisa che «il governo non ha dato alcuna direttiva sulla cancellazione della clausola di salvaguardia. Mentre ha posto l’esigenza di raggiungere l’obiettivo di ridurre del 20% la spesa per il salario accessorio, che oggi raggiunge i 40 milioni». Nell’attesa il taglio del 20% è stato applicato solo ai dirigenti (per lo più quelli generali) a cui è scaduto il contratto, sfruttando la fase del singolo rinnovo: «Ma il 28 febbraio - conclude la Valenti - scadono i contratti di tutti i 1.800 e dunque dal primo marzo si dovrà trattare applicando questa direttiva».  

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