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Severino: contro il Colle campagna di illazioni

Il ministro della Giustizia: “Non siamo in presenza di fatti, ma di insinuazioni e congetture”

ROMA. "Non comprendo davvero perché alcuni organi di stampa proseguano con la pubblicazione di una ridda di illazioni, insinuazioni e congetture" sul presidente della Repubblica Giorgio Napolitano "presentandole come fatti". E' quanto afferma il ministro della Giustizia Paola Severino in una intervista al quotidiano cattolico Avvenire, aggiungendo che quanto pubblicato "non sono fatti, sono solo illazioni, camuffate da pseudo-notizie". "E chi continua a chiedere al capo dello Stato di acconsentire alla pubblicazione dei dialoghi intercettati - aggiunge il ministro - non sa proprio di che cosa parla: quelle intercettazioni sono per il Colle un bene indisponibile, non può decidere di farle pubblicare".
Severino si dice "amareggiata" dalla vicenda, sulla quale ribadisce la sua totale solidarietà a Napolitano. "Non si può trasformare la volontà del capo dello Stato di fare chiarezza su un tema interpretativo così delicato - afferma nell' intervista ad Avvenire - spacciandola per una volontà di nascondere i contenuti di una o più telefonate o addirittura come volontà di ostacolare un'indagine, che deve fare il suo corso e giungere ad esiti giudiziari".   
E a chi accusa il Quirinale di aver voluto, col ricorso alla Consulta, far calare il silenzio sulle intercettazioni o difendere se stesso, il ministro risponde: "Credo che non si possa permettere di trasformare la doverosa difesa delle prerogative costituzionali del Capo dello Stato e la tutela di interessi indisponibili, come quello alla riservatezza nelle sue conversazioni, rappresentandola in modo falso come un sipario da far scendere sul contenuto delle intercettazioni".   
"Fuorviante", poi - dice - "fare apparire come una scelta del Presidente della Repubblica il rendere noti o meno i contenuti dei colloqui intercettati", una decisione che spetta invece alla Corte Costituzionale e che va attesa "serenamente", anche perché la registrazione delle telefonate "non è nella materiale disponibilità del Presidente bensì della magistratura che è tenuta a conservarle visto che, quantomeno in questa fase, non è consentita la divulgazione e neppure la conoscenza da parte di difensori e interessati".

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