PALERMO. Un affondo al premier che se amasse davvero il paese farebbe un passo indietro e sulla legge per le intercettazioni che «non è la migliore legge per l'interesse nazionale, ma forse per l'interesse personale di qualcuno». Gianfranco Fini critica il provvedimento che il premier Berlusconi vuole fare approvare al più presto. Un provvedimento, non solo duramente osteggiato dall'opposizione, ma che fa discutere anche nel Pdl con il deputato Gaetano Pecorella che annuncia: «Non voterò mai una norma che prevede la detenzione dei giornalisti».
Davanti a dirigenti e militanti di Fli, riuniti in convention a Palermo dove il leader futurista ha aperto il suo tour nazionale, Fini attacca. «Un giorno serve il processo breve e un giorno il processo lungo - dice - a seconda di quello che conviene» incalza il presidente della Camera, secondo cui «solo quando non si hanno argomenti si grida al complotto, si danno le colpe ai magistrati e ai giornalisti». In un crescendo che esalta gli ex di An che citano Paolo Borsellino come punto di riferimento morale ma anche Almirante e «avversari» d'un tempo come Berlinguer e Moro, Fini spara a zero contro Berlusconi: «Se amasse l'Italia dovrebbe fare un passo indietro», perchè «non se ne può più di videomessaggi, annunci e promesse non mantenute». Persino per fare la patrimoniale, citando l'Einaudi del '46, «serve un governo credibile». E invece «il governo non governa» e «il premier è in tutt'altre faccende affaccendato», accusa il leader di Fli che invoca un nuovo esecutivo, «non del ribaltone, ma sostenuto dalla maggioranza che ha vinto le elezioni e aperto al contributo di altri». Perchè «è finita l'era del berlusconismo e del bipolarismo» e al premier consiglia «un bagno di umiltà e realismo» perchè «non è più tempo di dire 'adesso ci penso io».
Poi è toccato alla Lega, «che si permette di insultare la Patria». «I leghisti danno il meglio quando a Pontida si vestono da Unni e Barbari», ironizza Fini per il quale «la secessione è fuori dalla storia» e «il federalismo, caricato di attese miracolistiche ha aumentato la pressione fiscale». C'è spazio anche per il tema delle pensioni e della legge elettorale. La legge «va cambiata» osserva Fini, «ma che logica è fare una riforma elettorale senza sapere quale sarà il numero dei parlamentari o se il Parlamento continuerà a mantenere l'assetto del 1948?». Allora bisogna cominciare da un punto: «Dimezziamo i parlamentari: come è possibile continuare ad averne 945, e poi centinaia di consiglieri e deputati regionali con costi a volte più alti di quelli nazionali» e ancora «Comuni e consorzi». «C'è un reticolo e un apparto - accusa - che è diventato insopportabile. È lì che si deve disboscare, non è un problema di costi della politica».
Sull'innalzamento dell'età pensionabile, il presidente della Camera si dice d'accordo a patto che «quello che lo Stato risparmierebbe vada a costituire un fondo per l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro» perchè «ha ragione Draghi quando dice che 'l'Italia rischia di bruciare una generazione, in quanto abbiamo la più alta percentuale in Europa di giovani che non lavorano e non studianò». E agli imprenditori di Palermo che gli hanno chiesto di impegnarsi affinchè i partiti non candidino personaggi rinviati a giudizio per mafia, Fini risponde con un altro affondo verso la maggioranza: per «opportunità politica» avrebbe potuto esprimersi diversamente nella scelta di votare la fiducia al ministro dell'Agricoltura, Saverio Romano, indagato per concorso in associazione mafiosa. Per Fini però non serve «una legge ad hoc» ma «dovrebbero essere i partiti a valutare l'opportunità politica nei singoli casi».
Fini attacca Berlusconi da Palermo: "Non vuole bene al suo paese"
Il presidente della Camera nel capoluogo per incontro con gli imprenditori nella sede di Confindustria. "Intercettazioni sono una legge fatta solo per qualcuno". E sui costi della politica: "La Sicilia non è un esempio virtuoso"
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