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La debacle di Biden, i dem in privato cercano un’alternativa dopo il disastro in tv

Voce roca, sguardo nel vuoto, frasi sconnesse, rigidità nei movimenti. La performance dell’ottantunenne Joe Biden al primo duello tv contro Donald Trump è stato un «disastro», uno «spettacolo doloroso», tanto da oscurare le numerose bugie del suo rivale e gettare nel panico i democratici, costringendoli ad interrogarsi sull’opportunità di cercare un’alternativa in quella che sarebbe una corsa contro il tempo in una convention aperta senza precedenti. Ma l’unico che può spianare questa strada è lui, il vecchio Joe, il quale per ora tuttavia non sembra intenzionato a farsi da parte, nonostante gli appelli sui media di esperti ed opinionisti autorevoli.

«Intendo vincere queste elezioni», ha messo in chiaro tenendo l’indomani un comizio in North Carolina. «Non dibatto bene come un tempo - ha ammesso - ma so come fare questo lavoro», ha assicurato, ammonendo che «quando vai a terra ti rialzi». «So che non sono giovane, ma so dire la verità», ha continuato, attaccando nuovamente il tycoon per le sue menzogne. L’orgoglioso e testardo Biden quindi non getta la spugna. Lo aveva fatto capire subito anche la sua campagna, annunciando che non abbandonerà la corsa e che è impegnato ad affrontare il secondo duello tv di settembre. «Non c’è alcuna base perché lasci, non c’è alcuna indicazione di questo tipo dalla base», ha spiegato lo staff. Ma è la stessa campagna che lo ha mandato allo sbaraglio in quelle condizioni dopo averlo «allenato» per una settimana nel ritiro di Camp David, spiegando peraltro la voce bassa con un raffreddore solo a metà dibattito, quando ormai la frittata era fatta. E che ora sta correndo ai ripari chiamando donatori ed elettori, insistendo sui momenti positivi di un dibattito che comunque non sposterebbe una grossa percentuale di voti.

I vertici del partito e gli eletti cercano di fare quadrato, almeno ufficialmente. Lo difendono la sua vice Kamala Harris, i leader dem di Camera e Senato, l’ex speaker Nancy Pelosi. Ma privatamente dirigenti, operativi (e una fetta della base) pensano che l’imbarazzante performance del presidente ipotechi la vittoria del tycoon, già in vantaggio nei sondaggi sia a livello nazionale che in sei dei sette Stati chiave in bilico. E discutono della possibilità di cambiare cavallo. Ma avendo già stravinto le primarie, dovrebbe essere Biden stesso a fare un passo indietro, eventualmente convinto dalla moglie Jill e dal suo entourage più stretto. A questo punto in agosto a Chicago si aprirebbe lo scenario di una «brokered» convention, dove i delegati - impegnati ma non vincolati - potrebbero votare un altro candidato tra quelli che si farebbero avanti in queste poche settimane. La prima erede al trono è la vice Kamala Harris, che però è meno popolare di Biden. La lista dei possibili sostituti comprende vari governatori, da Gavin Newsom (California) a J.B Pritzker (Illinois) e Gretchen Whitmer (Michigan), anche se resta la suggestione di Michelle Obama (con tanto di hashtag sulla rete), che finora ha sempre respinto ogni tentazione. Biden potrebbe fare il kingmaker della situazione.

Trump resta convinto che il suo avversario resterà il ’crooked Joè e già canta vittoria. Una vittoria certificata anche dal sondaggio flash della Cnn tra i telespettatori (per il 67% ha vinto il tycoon) e che spinge il suo social Truth in Borsa (+5%). L’ex presidente incassa anche alcune sentenze favorevoli della Corte suprema, dalla riduzione dei poteri delle agenzie federali alla limitazione dell’accusa di ostruzione nell’assalto a Capitol Hill per gli assalitori (ma ne trarrà beneficio anche lui), mentre lunedì è attesa la decisione sull’immunità presidenziale che ha invocato nei processi pendenti. Anche i repubblicani cavalcano la debacle di Biden: lo speaker repubblicano della Camera Mike Johnson ha affermato che il governo dovrebbe discutere l’ipotesi di invocare il 25/mo emendamento che consente di rimuovere un presidente, con la maggioranza dei voti dei suoi ministri, per incapacità, fisica o mentale. Un emendamento che finora era stato evocato solo per Trump.

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