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Netanyahu torna primo nei sondaggi dopo un anno

Accordo Israele-Egitto per riaprire valico di Rafah agli aiuti

Benjamin Netanyahu e la moglie Sara al seggio

A sorpresa Benyamin Netanyahu - nonostante il 7 ottobre, la guerra a Gaza e la forte opposizione della comunità internazionale - è tornato ad essere il premier preferito dagli israeliani. Non accadeva da un anno, dai tempi delle proteste contro la riforma giudiziaria. A farne le spese questa volta - secondo un sondaggio effettuato dalla tv Canale 12 - è Benny Gantz, che per tutto questo tempo è stato invece in testa ad ogni indagine sugli umori politici di Israele.

A restituire, almeno per un giorno, il sorriso politico al premier è stato un campione di israeliani che nel 36% lo hanno scelto contro un 30% a favore di Gantz. Ma Netanyahu, secondo lo stesso sondaggio, batterebbe anche tutti gli altri possibili candidati, come il capo dell’opposizione Yair Lapid (37% a 30%) o il nazionalista Lieberman (36% a 19%), tutti all’opposizione dell’attuale maggioranza a totale trazione di destra.

I sondaggi possono certamente sbagliare (quello di Canale 12 ha interrogato 503 cittadini), tuttavia analisti e commentatori hanno subito segnalato che il dato sembra indicare un cambio nell’andamento sfavorevole al premier nella percezione di Israele. E questo a scapito della manifestazioni che quasi ogni giorno, soprattutto il sabato sera, percorrono il Paese in aperta opposizione a Netanyahu, alla sua condotta della guerra a Gaza e allo spinoso tema del rilascio degli ostaggi ancora in mano ad Hamas. A confermare la sorpresa del ‘Magò (come lo chiamano i suoi fan) c’è anche la riduzione della forbice dei consensi tra Unità nazionale di Gantz e il Likud di Netanyahu: 25 seggi alla Knesset per il primo, 21 per il secondo, che è in risalita. Basti pensare che a dicembre scorso un altro sondaggio, sempre di Canale 12, attribuiva 37 seggi a Gantz e 18 a Netanyahu: un abisso.

La notizia del sondaggio è arrivata lo stesso giorno in cui il partito di Gantz ha presentato alla Knesset, anche se con poche speranze di successo, una legge per sciogliere il parlamento e tornare alle urne. Secondo alcune interpretazioni, Gantz - che è ministro del Gabinetto di guerra nel governo di Netanyahu - pagherebbe, in tempo di combattimenti a Gaza e al nord di Israele, la sua annunciata intenzione di uscire dal governo di emergenza nazionale e l’ultimatum dato a Netanyahu di cambiare rotta sul conflitto entro l’8 giugno.

Intanto l’esercito sta continuando ad estendere il suo controllo a Rafah, nel sud della Striscia, diventata oramai un obiettivo strategico per l’Idf. A spiegarlo al suo omologo statunitense Lloyd Austin è stato il ministro della Difesa Yoav Gallant. «Ci sono informazioni concrete riguardo gli ostaggi detenuti a Rafah», ha detto Gallant in un colloquio telefonico, ribadendo ad Austin «l’importanza di continuare ad operare nell’area». Nella zona l’Idf ha preso il controllo del ’Corridoio Filadelfià - una striscia di terra lungo il confine con il Sinai egiziano - dove sono stati scoperti «20 tunnel» di passaggio oltre frontiera.

La situazione a Rafah - dove secondo un portavoce del governo israeliano sono «stati uccisi finora 300 terroristi» - continua tuttavia ad essere di forte pressione militare. Anche se grazie al pressing della Casa Bianca, Israele ed Egitto avrebbero concordato di riaprire agli aiuti umanitari il valico di frontiera di Rafah, nel sud di Gaza, per la prima volta da quando l’Idf ha preso il controllo del lato della Striscia all’inizio di maggio. Una boccata di ossigeno per i palestinesi che a Rafah, «a causa dei bombardamenti israeliani in corso», sono stati colpiti anche dal black-out di tutti i servizi di comunicazione, ha fatto sapere la società palestinese per le telecomunicazioni.

Una situazione difficile che ha spinto la World Central Kitchen (Wck) ad annunciare di aver sospeso le sue attività a causa «delle operazioni israeliane in città da dove innumerevoli famiglie sono costrette a fuggire ancora una volta». «Gli attacchi - ha proseguito la ong, di cui 7 operatori umanitari furono uccisi dal fuoco dell’Idf lo scorso aprile a Gaza a seguito di un’errata identificazione - ci hanno costretto a sospendere il lavoro e a trasferire molte delle nostre cucine più a nord».

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