Sale pericolosamente la tensione in Medio Oriente: Israele ha colpito Damasco, centrando un edificio del consolato iraniano e uccidendo diversi pasdaran, tra cui il generale Mohammad Reza Zahedi e il suo vice. Un obiettivo di prim’ordine, considerato il più importante dopo la morte di Soleimani: il comandante della Forza Quds e responsabile per la Siria ed il Libano era la testa di ponte tra Teheran e gli Hezbollah e, probabilmente, l’uomo che garantiva le armi iraniane al partito di Dio. Un’operazione che rischia di innescare la vendetta degli ayatollah: «La risposta sarà dura», ha ammonito l’ambasciatore iraniano in Siria Hossein Akbari. Il raid - di cui Israele finora non ha confermato la responsabilità - ha preso di mira Damasco e la sede del consolato in cui c’era anche la residenza dell’ambasciatore, uscito incolume insieme alla famiglia. Tra le macerie dell’edificio colpito ci sono - secondo l’Osservatorio per i diritti umani in Siria - i corpi di almeno altre tre persone, oltre ai 5 pasdaran. L’operazione è avvenuta mentre sale anche la tensione interna in Israele, dove per il secondo giorno consecutivo, la piazza è tornata a chiedere «le elezioni» e le dimissioni del premier Benyamin Netanyahu - che ieri sera è stato operato a sorpresa di ernia - con una manifestazione davanti alla Knesset a Gerusalemme cui hanno partecipato in migliaia. A Gaza, intanto, dopo un assedio durato diversi giorni l’esercito si è ritirato dall’ospedale Shifa mentre l’Idf, da mesi sulle tracce dei leader di Hamas, ha arrestato anche la sorella di Ismail Hanyeh, (il capo della fazione palestinese che si trova in Qatar) sospettata «di contatti con operativi della fazione islamica e di sostegno ad atti di terrorismo». Tornando all’attacco a Damasco, il raid ha colpito la sede consolare - accanto all’ambasciata - nel quartiere di Mezzeh, dove sono ospitate diverse ambasciate straniere e edifici dell’Onu. Immagini e commenti apparsi su web hanno indicato un edificio «spianato», all’interno del quale si trovava Zahedi e, secondo alcune informazioni apparse sui media israeliani e iraniani, il suo vice, Mohammad Hadi Rahimi. Zahedi era il più alto ufficiale dei pasdaran, al comando delle operazioni per la Siria e il Libano e, secondo alcune fonti in Israele, uno degli uomini chiave dell’apparato militare di Teheran nella zona. Secondo l’ambasciatore Akbari, l’obiettivo è stato colpito «da caccia F-35 con sei missili». L’agenzia di stato siriana, la Sana, ha affermato che i sistemi di difesa militare hanno contrastato l’attacco israeliano, abbattendo alcuni dei missili. Il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian ha subito chiesto alla comunità internazionale di agire contro Israele. In una telefonata con l’omologo siriano Faisal Mekdad, Amir-Abdollahian ha «accusato il regime sionista e ha chiesto una risposta seria da parte della comunità internazionale a queste azioni criminali». Intanto a Gerusalemme la mega protesta contro il governo Netanyahu, cominciata domenica sera davanti la Knesset, è stata replicata lunedì sera portando in piazza decine di migliaia di israeliani al grido di ‘Dimissioni per il governo di Benyamin Netanyahù. Era dalle manifestazioni contro la riforma giudiziaria del premier che non si vedeva così tanta gente in strada. Molti dei manifestanti, bandiera israeliana al vento, avevano adesivi con la scritta ‘Governo vai vià. Molte le tende montate sulle strade nelle vie che portano alla Knesset: la richiesta dei manifestanti è che si vada ad elezioni generali entro la fine dell’anno. Sul fronte del conflitto a Gaza, al 178° giorno di ostilità, il portavoce dell’esercito, dopo aver lasciato lo Shifa, ha denunciato che Hamas ha trasformato il posto «in un quartier generale militare e distrutto il complesso». Il ministero della sanità della fazione islamica ha dichiarato di aver scoperto decine di «corpi di martiri» nell’ospedale, aggiungendo che i danni materiali sono «molto significativi» su tutti gli edifici. Pochi sviluppi invece sul fronte dei colloqui. Israele parla però di «qualche progresso» nei negoziati indiretti che «si intensificheranno nei prossimi giorni» al Cairo, sottolineando che la partita si gioca parallelamente all’operazione a Rafah, che ieri Netanyahu ha confermato prossima. E proprio su questa sono attesi sviluppi da un incontro, virtuale, che dovrebbe svolgersi a strettissimo giro tra gli israeliani e l’amministrazione Biden.