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Usa, la Corte suprema salva Trump: «È eleggibile»

Il tycoon esulta e ipoteca il Super Tuesday: «Ora l’immunità»

Con una decisione all’unanimità, la Corte suprema americana salva Donald Trump dichiarandolo eleggibile in Colorado, uno dei 16 Stati (oltre ad un territorio) che vota il 5 marzo nel Super Tuesday, la tornata col maggior numero di primarie e di delegati in palio che ora il tycoon si prepara a sbancare ipotecando la nomination.

I nove saggi hanno accolto il ricorso dell’ex presidente contro la decisione della Corte suprema statale di bandirlo per il suo ruolo nell’assalto al Capitol in base al 14esimo emendamento, che vieta le cariche pubbliche ai funzionari coinvolti in insurrezioni contro la costituzione. I giudici non sono entrati nel merito del ruolo del tycoon ma hanno stabilito che spetta solo al Congresso, e non agli Stati, l’autorità per rimuovere un candidato presidenziale invocando la «clausola di insurrezione» della costituzione. Altrimenti, hanno ammonito, si rischierebbe il caos, con decisioni variabili da Stato a Stato e con tempistiche diverse. La sentenza sarà valida anche per i ricorsi pendenti negli altri Stati, compresi il Maine e l’Illinois.

«Una grande decisione, una grande vittoria per l’America», ha esultato Trump sul suo social Truth, presentandola come una sentenza che «non è per me ma per i futuri presidenti». Ora il prossimo passo sarà «la concessione dell’immunità presidenziale», ha aggiunto poi da Mar-a-Lago, riferendosi alla decisione che la Corte suprema deve prendere nel processo federale per i suoi tentativi di sovvertire il voto del 2020, culminati nell’assalto al Congresso. Un ricorso più difficile da vincere ma che comunque gli consente di posticipare l’inizio del dibattimento all’estate, quando probabilmente avrà già in tasca la nomination alla convention repubblicana.

Trump intanto è pronto a fare il pieno di delegati al Super Tuesday, dove secondo i sondaggi è avanti ovunque, compresi Texas e California, gli Stati americani più popolosi, che mettono in palio il più alto numero di delegati. Secondo la media di Real Clear Politics, nel Golden State Trump surclassa la Haley di 53 punti, mentre il suo vantaggio in Texas sarebbe addirittura del 70%. L’ex presidente ha già 247 delegati e il 5 marzo farà la parte del leone con gli 874 a disposizione. Per metà marzo prevede di blindare matematicamente la nomination, superando la metà dei 2.429 delegati in palio.

Una missione impossibile per l’unica sfidante rimasta, Nikki Haley, ferma a 43 delegati con i 19 conquistati domenica nella capitale (62,9% a 33,2%), finora suo primo successo in questa corsa e prima vittoria nella storia Usa di una donna in una primaria repubblicana. L’ex ambasciatrice ha cercato di cavalcare il trionfo come una dimostrazione che «i repubblicani più vicini alla disfunzionale Washington rigettano Trump e tutto il suo caos». Ma il tycoon, che si presenta sempre come leader anti establishment, ha avuto buon gioco nel dipingerla come «la regina della palude» (come viene soprannominata Dc), «incoronata solo dai lobbisti e dagli insider della capitale che vogliono proteggere il fallimentare status quo».

Tutti comunque si chiedono cosa farà Haley per non bruciarsi politicamente dopo il Super Tuesday, e soprattutto dopo aver detto che non si sente più obbligata a sostenere il ‘nomineè di quello che è diventato «il partito di Trump, non più quello di una volta». Tre gli scenari: il più improbabile è che stia negoziando per ottenere la vicepresidenza (ma l’ala Maga più oltranzista non la vuole); il secondo è che resti in corsa confidando nei guai giudiziari del tycoon (ma la base del partito non è con lei e alla convention i delegati potrebbero non votarla); il terzo è che corra come indipendente (non con i ’No Label’, che ha già escluso), compromettendo le chance di vittoria di Trump.

Intanto Joe Biden ha confidato al New Yorker di essere fiducioso di vincere nel 2024, nonostante i sondaggi peggiori di sempre: «Sono l’unico che lo abbia mai battuto. E lo batterò di nuovo», ha assicurato, ricordando come le Cassandre siano già state smentite nelle elezioni del 2020, del 2022 e anche del 2023. «Corro di nuovo perché sono davvero orgoglioso di quanto fatto e voglio continuarlo... la maggior parte di quello che ho fatto sta dando i suoi frutti solo adesso», ha spiegato. Ma teme che Trump contesterà l’esito del voto se dovesse perdere: «I perdenti non sono mai garbati. Penso solo che farà di tutto per provare a vincere. Se vincessi, penso che contesterà la cosa. Non importa quale sarà il risultato».

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