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L'urlo delle rapite contro Netanyahu: «Stiamo pagando il tuo fallimento»

I tank marciano verso Gaza City, il premier: «Nessuna tregua, la guerra entra nella terza fase»

«Stiamo pagando il tuo fallimento. Liberateci, liberate tutti adesso, adesso!». La rabbia contro Benyamin Netanyahu viene urlata da una delle tre donne ostaggio di cui Hamas ha diffuso oggi un video e che ha scioccato Israele e il mondo. Parole che arrivano dal fondo di un nascondiglio sconosciuto nella Striscia. «Una crudele propaganda psicologica da parte di Hamas», l’ha bollata poco dopo il premier, escludendo un cessate il fuoco.

La mossa dei miliziani è arrivata mentre l’esercito israeliano, dalla testa di ponte nel nord della Striscia, è avanzato con truppe e tank fino alla periferia di Gaza City. Una progressione di uomini e mezzi che si sono spinti, secondo fonti locali, fino alla parte orientale del rione Sajaya, ad un passo dalla capitale dell’enclave palestinese. E che hanno colpito, prima di ripiegare, Sallah-a-din, l’arteria principale che taglia l’intera Striscia. Un lento e inesorabile logoramento delle posizioni di Hamas, come spiegato dal portavoce militare Daniel Hagari: «Abbiamo esteso la nostra attività all’interno di Gaza, aumentando le forze coinvolte». Una manovra che Netanyahu ha descritto come «la terza fase della guerra», con l’esercito che «avanza in maniera misurata ma potente». Perché, ha insistito Netanyahu, «l’operazione di terra» è l’unica carta per riportare a casa gli ostaggi.

Una convinzione rafforzata dalla liberazione, da parte dell’esercito e dello Shin Bet, della soldatessa Ori Magidish, una dei 239 ostaggi, rapita lo scorso 7 ottobre nel kibbutz di Nahal Oz, dov’era di vedetta. Un’operazione «mirata» e preparata da giorni dopo che l’intelligence aveva ottenuto informazioni sul suo luogo di prigionia a Gaza. Il successo ottenuto non sembra tuttavia poter compensare lo shock per il video dei tre ostaggi, di cui le tv israeliane hanno dato notizia senza tuttavia trasmetterlo. A far sapere l’identità delle tre donne è stato lo stesso premier: Yelena Tropanov (del kibbutz Nir Oz), Danielle Alloni e Rimon Kirscht (del kibbutz di Nirim), che hanno visto i loro cari uccisi o rapiti nell’assalto di tre settimane fa. «Scontiamo il tuo fallimento politico, di sicurezza e militare. Non c’era l’esercito - ha gridato Alloni - non c’era nessuno, nessuno ci ha protetto. Ora siamo prigioniere qui... a condizione che non ci sia nessuna condizione. Ci uccidete. Volete forse ucciderci tutti? Volete che l’esercito ci uccida? Non basta che cittadini israeliani siano stati uccisi? Liberate ora i loro cittadini e prigionieri. Liberateci: adesso, adesso, adesso!», ha incalzato la donna chiedendo di fatto di accettare lo scambio di prigionieri proposto da Hamas.

Un atto d’accusa a cui il premier non ha ovviamente replicato, chiarendo tuttavia in una conferenza stampa a Tel Aviv che non ci sarà nessuno scambio e nessun cessate il fuoco. “C’è un tempo per la pace e un tempo per la guerra. Ora è tempo di guerra. Non l’abbiamo voluta noi ma la porteremo a termine fino alla vittoria», ha tuonato Netanyahu, respingendo qualsiasi ipotesi di dimissioni. «L’unica che voglio si dimetta - ha risposto a una domanda dei giornalisti - è Hamas, li costringeremo a dimettersi, a rinunciare ai loro obiettivi, è una mia responsabilità e continuerò a guidare il mio Paese» in guerra.

I familiari dei tre ostaggi hanno invece reagito al video lanciando un appello ai leader occidentali. «Chiedo al presidente Biden - ha detto uno di loro - di fare il possibile per riportarli a casa. Il tempo sta passando ma non è tardi per farli tornare».

Sul terreno la strategia militare, ha spiegato il portavoce dell’esercito, resta quella delle «azioni combinate terra-mare-aria». Con gli attacchi che in questi ultimi giorni sono aumentati in modo esponenziale, arrivando a colpire oltre 650 obiettivi a Gaza: depositi di armi, postazioni di lancio di missili anti tank (anche vicino l’università di Al-Azhar), nascondigli sotterranei e basi di addestramento di Hamas. La polizia ha invece annunciato di aver identificato i corpi di 1.135 israeliani uccisi: 823 civili e 312 soldati. Tra loro anche l’israeliana con passaporto tedesco Shani Louk, 22 anni, rapita nel rave di Reim e massacrata come dimostrano alcuni video.

Nella Striscia la situazione è al collasso e di certo gli aiuti umanitari che riescono a filtrare con il contagocce non bastano. Oggi sono entrati 40 camion dal valico di Rafah ma la Casa Bianca in serata ha annunciato che l’obiettivo è farne transitare almeno cento al giorno. I morti (le autorità di Hamas non distinguono tra civili e combattenti) sono arrivati a 8.306, di cui 3.457 «minori». I feriti sono oltre 21.000.

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