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Il dolore del Papa: forse miei amici tra le vittime di Hamas

L’appello del Pontefice all’Angelus; «Liberate gli ostaggi, corridoi umanitari a Gaza»

Tra le vittime - i morti, i feriti o gli ostaggi - causate dal blitz di Hamas di sabato 7 ottobre nei kibbutz al confine con Gaza potrebbe esserci anche qualcuno molto caro al Papa. Lo ha confidato lo stesso Pontefice in una telefonata con il giornalista e amico israeliano Enrique Cymerman. Nel raccontargli della situazione, «peggio di quanto si possa vedere nelle immagini», il giornalista ha detto al Papa che tra le persone colpite dai terroristi ci sarebbero diversi argentini. «Lo so, lo so», ha risposto il Papa aggiungendo: «Penso che sicuramente qualche mio amico e lì».
Francesco si potrebbe riferire, anche se non lo dice espressamente nella telefonata che è stata rilanciata sui social, in particolare ad un suo vecchio amico argentino che viveva in un kibbutz proprio al confine con Gaza. Il giornale La Nacion scrive che, fino a questo momento, si contano 8 morti e 19 dispersi tra gli argentini.

Francesco, nella telefonata, ha assicurato la sua vicinanza e ha detto di volere incontrare le famiglie degli ostaggi, come chiesto da quelle argentine attraverso Cymerman. Infine con la voce rattristata ha commentato: «E’ come essere tornati indietro di cinquant’anni».

Il Papa, che sta anche telefonando quasi tutti i giorni alla parrocchia cattolica di Gaza, per avere notizie della situazione nella Striscia, ha rinnovato il suo appello all’Angelus sia per gli ostaggi israeliani detenuti da Hamas sia per i civili di Gaza stretti da un assedio senza via d’uscita: «Rinnovo l’appello per la liberazione degli ostaggi e chiedo con forza che i bambini, i malati, gli anziani, le donne e tutti i civili non siano vittime del conflitto. Si rispetti il diritto umanitario, soprattutto a Gaza dove è urgente e necessario garantire corridoi umanitari e soccorrere tutta la popolazione». Poi il Pontefice ha chiesto a tutte le parti di fermarsi: «Già sono morti moltissimi, per favore non si versi altro sangue innocente né in Terra Santa né in Ucraina o in qualsiasi altro luogo. Basta! - ha detto con voce accorata - Le guerre sono sempre una sconfitta, sempre». Infine ha rilanciato l’invito della Chiesa di Terra Santa a tutti i credenti affinché martedì 17 ottobre sia una giornata di preghiera e digiuno per la pace. «La preghiera - ha sottolineato il Papa - è la forza mite e santa da opporre alla forza diabolica dell’odio, del terrorismo, della guerra».

Il Pontefice guarda con preoccupazione a quanto sta accadendo in Terra Santa ma non dimentica gli altri teatri di conflitto che compongono «la terza guerra mondiale a pezzi», come sempre la definisce. All’Angelus ha chiesto di non dimenticare «la martoriata Ucraina» e ha rivolto un appello per il Nagorno-Karabackh, la regione dove, in una guerra-lampo, gli armeni sono stati costretti a fuggire incalzati dall’offensiva dell’Arzebaijan. «Non è venuta meno la mia preoccupazione - ha detto Papa Francesco - per la crisi nel Nagorno-Karabackh. Oltre che la situazione umanitaria degli sfollati, che è grave, vorrei rivolgere anche un particolare appello in favore della protezione dei monasteri e dei luoghi di culto della regione. Auspico che, a partire dalle autorità e di tutti gli abitanti, possano essere rispettati e tutelati come parte della cultura locale espressione di fede e segno di una fraternità che rende capaci di vivere insieme nelle differenze».

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