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L'Italia frena sul Patto sui migranti, è scontro con la Germania

Il governo di Roma si dichiara «sorpreso» per le sette Ong tedesche in mare mentre era in corso la trattativa

«Nessun via libera affrettato, il testo va approfondito». Dopo il «sì» arrivato dal cancelliere tedesco Olaf Scholz al regolamento sulla gestione delle crisi è l’Italia a frenare sull’intesa chiave per la finalizzazione del Patto sulla migrazione e l’asilo. La proposta di compromesso avanzata dagli spagnoli ha convinto Berlino ma, evidentemente, non ancora Giorgia Meloni. E in un punto, quello che esclude i salvataggi delle Ong da situazioni di strumentalizzazione della migrazione da parte dei Paesi terzi, rischia seriamente di trovare l’opposizione del governo. Lo scontro con la Germania sulle attività delle organizzazioni non governative resta infatti altissimo. Palazzo Chigi si è detta «sorpreso» che, proprio mentre a Bruxelles era in corso il vertice decisivo per l’ok al Patto sui migranti, nel Mediterraneo navigavano 7 navi gestite dalle Ong e battenti bandiera tedesca, quattro delle quali in area Sar italiana.

La frenata di Roma ha spento l’entusiasmo che, di prima mattina, si respirava dalle parti della presidenza di turno Ue detenuta dalla Spagna. Ursula von der Leyen, da Spalato, aveva chiesto espressamente che ci fosse l’intesa in giornata. E al Consiglio Affari Interni di Bruxelles sia la Commissione che il ministro dell’Interno iberico Fernando Grande-Marlaska attendevano l’accordo politico tra i 27. Subito dopo una riunione dei Rappresentanti Permanenti convocata ad hoc avrebbe formalizzato l’approvazione del testo, uno dei principali - e sicuramente il più spigoloso - che compongono il pacchetto legislativo del Patto sui migranti. Nella sessione della riunione dedicata al dossier la tedesca Nancy Faeser, seguendo le istruzioni di Scholz, ha scandito che Berlino «accetta la proposta di compromesso spagnola». Dopo di lei, Polonia e Ungheria hanno invece ribadito la loro contrarietà al testo.

L’Italia è rimasta in silenzio. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi è intervenuto nella prima parte dell’incontro, dedicata alla dimensione esterna e al Memorandum con la Tunisia,. «Abbiamo chiesto più fondi per i rimpatri assistiti», ha spiegato il ministro che, però, nella discussione sul Patto sui migranti, non ha preso parola. E poco dopo Piantedosi ha lasciato in anticipo la riunione, diretto a Palermo dove ha incontrato i suoi omologhi di Libia e Tunisia.

Il Consiglio Affari Interni, saltata l’intesa, è terminato perfino prima del previsto. La commissaria Ylva Johansson e il ministro spagnolo, a microfoni aperti, non hanno puntato il dito contro l’Italia. Si sono detti ottimisti e soddisfatti dei passi avanti fatti, scandendo che «non ci sono grandi ostacoli» all’intesa, attesa «nei prossimi giorni». «Gli eventi di Lampedusa confermano che il Patto sui migranti è una sfida che richiede sforzo, flessibilità, generosità, da parte di tutti», ha però avvertito la presidenza iberica. E a taccuini chiusi, nei corridoi di Bruxelles, l’ottimismo è meno tangibile. L’impressione è che solo un chiarimento «vis a vis» tra Scholz e Meloni, al vertice di Granada della settimana prossima, potrà sbloccare lo stallo.

Allo stesso tempo fonti italiane hanno precisato che non si tratta di nessun blocco all’accordo, semplicemente il testo va approfondito. Del resto, fino a qualche giorno fa, non era previsto un via libera già questa settimana. E comunque, senza Berlino o Roma, è la convinzione degli ambienti Ue, l’intesa non regge. Entrambe, assieme all’Olanda, sono comunque cruciali per arrivare alla maggioranza qualificata.

La tensione tra Germania e Italia sulle Ong - emersa anche nel bilaterale tra Antonio Tajani e Annalena Baerbock a Berlino - non rasserena il clima. E a complicare il quadro c’è anche un dato politico: sia a Berlino che a Roma il governo è nelle mani di tre partiti alleati. Che, non sempre, la vedono allo stesso modo. I fari, ora, sono puntati su Granada e sul Consiglio Affari Interni di Lussemburgo, tra le ultime chiamate per trovare un’intesa entro l’anno. O, come ha avvertito il vicepresidente della Commissione Maragaritis Schinas, «populisti e demagoghi avranno un’arma in più» alle Europee.

 

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