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Il battaglione Azov torna al fronte, per Kiev un altro inverno senza F-16

Il presidente della Bielorussia Alexander Lukashenko: «Putin ha raggiunto i suoi obiettivi, la guerra si può fermare»

Per gli ucraini sono gli eroi che hanno difeso a costo della loro vita l’acciaieria di Azovstal, a Mariupol. Per il Cremlino sono la prova del fatto che quello di Kiev sia un regime nazista, ma ne sono preoccupati, perché il battaglione Azov ha dato del filo da torcere alle forze di Mosca sia nel Donetsk - dal 2014 - che nei primissimi mesi dell’invasione. Dopo essere stati prigionieri dei russi a seguito della caduta della città martire di questa guerra, i soldati di Azov sono tornati al fronte e hanno iniziato a svolgere missioni nell’area della foresta di Serebryanske, nella regione di Lugansk, ma anche in direzione di Zaporizhzhia, come testimoniato dal video di un mezzo russo distrutto, pubblicato sui loro canali Telegram.

L’Ucraina avrà a disposizione i soldati di Azov, ma non gli F-16, che secondo il portavoce dell’aeronautica Yuri Ignat non arriveranno fino al prossimo autunno o inverno. Kiev non dovrà difendere i propri cieli dalla Bielorussia, almeno stando a quanto sostenuto dal presidente Alexander Lukashenko. L’alleato di Vladimir Putin sottolinea che «aiuterà sempre la Russia», ma se gli ucraini non varcheranno i confini bielorussi, Minsk non combatterà contro gli ucraini in una guerra che poteva essere evitata, e che «può essere fermata ora». «Un principio classico della diplomazia» secondo Lukashenko, che sottolinea la necessità di sedersi al tavolo negoziale e discutere di tutto, “compresi la Crimea, Kherson, Zaporizhzhia, Donetsk e Lugansk».

Il conflitto, però, al momento continua e vedrà di nuovo protagonisti i cinque comandanti ucraini del battaglione Azov, il capitano Denis Prokopenko, il suo vice Sviatoslav Kalina Palamar, il maggiore Serhiy Volyna, Oleh Khomenko e Denys Shleha. Dopo aver difeso l’acciaieria di Mariupol fin dall’inizio della guerra, si erano dovuti arrendere alle forze russe abbandonando la struttura il 20 maggio 2022. Portati in Russia, erano stati inseriti nello scambio di prigionieri con Mosca del 22 settembre dello scorso anno, attraverso il quale erano stati liberati 212 soldati ucraini.
I comandanti di Azov, però, non erano tornati in patria, perché nell’accordo col Cremlino la clausola prevedeva che rimanessero in Turchia fino alla fine della guerra. Così non è stato: nonostante le proteste di Mosca, l’8 luglio 2023 il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, di ritorno da Istanbul, li ha riportati in Ucraina. E la promessa di tornare presto al fronte ora è stata mantenuta.
Rispetto all’anno scorso avranno a disposizione le controverse bombe a grappolo, già utilizzate in passato ma ora sdoganate dall’apertura degli Stati Uniti che ha cominciato a inviarle ai propri alleati. Secondo analisti ascoltati dalla Cnn queste munizioni sarebbero state utili anche per la recente riconquista del villaggio di Urozhaine, nel Donetsk.

Per gli F-16, invece, bisognerà ancora attendere. Ignat ha parlato di un altro inverno senza gli aerei da combattimento, mentre il ministro degli esteri Dmytro Kuleba ha dichiarato che l’Ucraina riceverà i caccia statunitensi quando i suoi piloti avranno terminato l’addestramento. Kuleba ha aggiunto che «se i nostri partner ci chiedono di garantire che tale arma sarà usata solo sul territorio ucraino, noi diamo questa garanzia e la manteniamo».

Mentre la Turchia avverte Mosca di evitare ulteriori escalation sul Mar Nero, dopo che la marina russa aveva sparato colpi di avvertimento contro una nave da carico di Ankara battente bandiera di Palau, tra le file dell’esercito del Cremlino scompare un altro generale. Questa volta si tratta di Gennady Zhidko, che nel 2022 fu a capo dell’operazione militare in Ucraina. E’ morto a Mosca all’età di 58 anni dopo «una lunga malattia», hanno riferito i media russi. Zhidko era stato in passato capo di Stato maggiore delle forze russe in Siria e viceministro della Difesa. Non è noto per quanto tempo abbia guidato le truppe in Ucraina, ma si sa che nell’ottobre dello stesso anno le autorità di Mosca annunciarono la nomina a nuovo comandante del generale Serghei Surovikin dopo che, a settembre, l’Armata aveva subito la disfatta più grave dall’inizio del conflitto. E si era dovuta ritirare da gran parte della regione nord-orientale di Kharkiv.

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