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Il generale Tchiani si autoproclama leader in Niger

Sul golpe cala l’ombra della Wagner, condanna internazionale per il colpo di mano

Il generale Abdourahamane Tchiani

Abdourahamane Tchiani, capo delle Guardie presidenziali, è il nuovo volto del potere in Niger. Il generale, 64 anni, si è messo alla guida del golpe che ha destituito il presidente Mohamed Bazoum ponendo fine alla cosiddetta «Settima Repubblica» del Paese. Tichiani ha letto una dichiarazione alla tv nazionale con una scritta in sovrimpressione che lo indicava come «presidente del Consiglio nazionale per la salvaguardia della madrepatria», la giunta che ha rovesciato il governo. E ha motivato la presa del potere puntando l’indice contro le mancate misure per fronteggiare la crisi economica e «il deterioramento della situazione della sicurezza» nel Paese minato dalla violenza dei gruppi jihadisti: Bazoum ha «cercato di convincere la gente che tutto sta andando bene, la dura realtà è un mucchio di morti, sfollati, umiliazioni e frustrazioni». «L’approccio di sicurezza oggi non ha portato sicurezza nonostante i pesanti sacrifici».

I sostenitori del golpe in strada hanno sventolato bandiere russe, assaltato le sedi del partito di governo aggredendo alcuni esponenti politici e inveito contro le «ingerenze francesi». Alcuni ragazzini giravano con la «Z» dell’operazione russa in Ucraina. Scene che non hanno lasciato indifferente il capo della Wagner Evgenij Prigozhin, che ha i mercenari schierati nei vicini Mali e Burkina Faso: «Quello che è successo in Niger non è altro che la lotta del popolo nigerino contro i colonizzatori che stanno cercando di imporre le loro regole di vita», avrebbe detto l’ex chef di Vladimir Putin - in un messaggio reso noto da un canale a lui affiliato - assicurando che i suoi «possono ristabilire l’ordine».

Dunque, nonostante gli spiragli per una possibile trattativa e il passo indietro dei militari auspicata nelle ultime ore dalla comunità internazionale, il Niger che è nella top10 dei produttori di uranio mondiale si trova a fare i conti con il quinto golpe militare dall’indipendenza dalla Francia, sancita nel 1960.

Proprio da Parigi, principale importatrice dell’uranio del Paese, arrivano sonore bordate al nuovo regime: «Questo colpo di Stato è illegittimo e profondamente pericoloso per i nigerini, per il Niger e per tutta la regione», ha tuonato il presidente francese Emmanuel Macron, in visita in Papua Nuova Guinea. “Chiediamo la liberazione del presidente Bazoum e il ripristino dell’ordine costituzionale», ha esortato Macron. Il Quai d’Orsay con una successiva nota ha poi precisato che Parigi «non riconosce le autorità scaturite dal golpe del generale Tchiani».

Sulla stessa linea l’Unione europea, che con l’Alto rappresentante Ue Josep Borrell alza il tiro e avverte che ogni violazione dell’ordine costituzionale avrà conseguenze sulla cooperazione bilaterale, compresa la sospensione immediata di ogni sostegno finanziario. Il golpe preoccupa Roma «perché si crea instabilità in una regione dove già ce n’è molta», ha detto il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani assicurando che nessuno degli italiani nel Paese «è in pericolo».

A stretto giro, i golpisti hanno risposto alle critiche prima accusando la Francia di aver violato lo spazio aereo dopo l’atterraggio di un volo militare a Niamey, «nessuno può entrare o uscire dal Paese», poi mettendo in guardia da qualunque intervento militare straniero che avrebbe «conseguenze». E un tentativo di ristabilire la calma sarà al centro di un summit dei leader degli stati dell’Africa occidentale, attesi domenica ad Abuja in Nigeria.

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