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Biden: «A Mosca una lotta intestina». Telefonata con la premier Meloni

«Uniti con gli alleati, l’Occidente non darà pretesti a Putin», ha detto il presidente americano

«Quello che sta succedendo è parte di una lotta interna al sistema russo, noi abbiamo messo in chiaro che non siamo coinvolti»: Joe Biden commenta così dalla Casa Bianca, per la prima volta, l’abortita rivolta della Wagner. La sua priorità è escludere qualsiasi sospetto di una manovra Usa o della Nato e di mantenere l’unità della coalizione pro Kiev, soprattutto dopo che i servizi segreti russi stanno indagando se le agenzie di spionaggio occidentali hanno avuto un qualche ruolo, come ha riferito Sergej Lavrov. Gli 007 americani «apparentemente speravano che l’ammutinamento del 24 giugno in Russia avesse successo», ha insinuato il ministro degli Esteri russo, dopo le rivelazioni che l’intelligence americana sapeva dell’imminente ribellione da diversi giorni ma avrebbe deciso di non renderla pubblica.

Biden ha detto di aver parlato con gli alleati chiave in videoconferenza e che lo avrebbe rifatto per assicurarsi che tutti siano in sintonia e coordinare la risposta comune. In questo secondo round il presidente americano ha sentito anche la premier italiana Giorgia Meloni e i due leader hanno ribadito i profondi legami, la solidità dell’alleanza transatlantica e l’unità della Nato, temi che saranno discussi nel vertice di Vilnius, secondo Palazzo Chigi. Grande attenzione, secondo la stessa fonte, è stata dedicata al quadro della crisi in Russia e al suo impatto legato alla presenza del gruppo Wagner in Africa. Biden ha chiesto inoltre lo scenario sull’impegno dell’Italia nel Mediterraneo e sulla collaborazione con la Ue per la stabilità nel continente africano.

Nell’agenda della Casa Bianca c’è pure un nuovo colloquio con il presidente ucraino Volodynr Zelensky, al quale è stato annunciato un nuovo pacchetto di aiuti in settimana. «Hanno concordato tutti con me che dobbiamo fare in modo di non dare a Putin nessuna scusa per incolpare l’Occidente e la Nato», ha spiegato Biden, sottolineando l’importanza di «stare completamente coordinati».

Il commander in chief - come tutta la comunità di intelligence e lo stesso segretario di Stato Antony Blinken - resta comunque cauto nelle valutazioni: «È ancora troppo presto per arrivare ad una conclusione definitiva su quello che sta succedendo». Ma Biden ha riferito di aver ordinato al suo team per la sicurezza nazionale di aggiornarlo «ora per ora» e di preparare una serie di scenari, senza entrare nel dettaglio. In ogni caso, ha ribadito, «continueremo a sostenere l’Ucraina a prescindere da cosa accadrà».
Il presidente Usa ha approfittato poi della giornata internazionale per le vittime della tortura per puntare nuovamente il dito contro Mosca: «In Ucraina abbiamo visto prove di spaventosa brutalità da parte di membri delle forze russe. I modelli di abuso includevano la tortura per costringere alla cooperazione con le autorità di occupazione e durante gli interrogatori, come percosse, scosse elettriche, finte esecuzioni e uso della violenza sessuale. All’interno della stessa Russia, le denunce di torture nei luoghi di detenzione sono all’ordine del giorno, anche contro attivisti e critici delle politiche del governo».

Poco prima dell’intervento di Biden, l’ambasciatrice americana a Mosca Lynne Tracy aveva lanciato un analogo messaggio a Mosca, confermando l’esistenza di un canale di comunicazione tra le due superpotenze anche nel weekend di fuoco, ribadito poi anche dal portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby. «Ci ha detto che Washington non ha nulla a che fare con la situazione in Russia» e che «quanto accaduto è un nostro affare interno», ha riferito Lavrov alla Tass. Ma la diplomatica ha espresso anche «la speranza per la sicurezza dell’arsenale nucleare russo». Che resta la più grande preoccupazione della Casa Bianca. E del mondo.

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