Francia nel caos, i deputati cantano la Marsigliese, fischiano, battono sui banchi, mentre la premier Elisabeth Borne non riesce neppure a parlare. La riforma che sta più a cuore ad Emmanuel Macron, quella che avvicina la Francia agli altri Paesi dell’Unione europea innalzando da 62 a 64 anni l’età minima per andare in pensione, potrebbe diventare legge senza voto. Con più del 70% di francesi contrari, con scioperi e manifestazioni che si susseguono da due mesi, con un fronte sindacale solidissimo e deciso ad andare fino in fondo, Macron - a sorpresa - ha deciso di prendere la scorciatoia del 49.3, che garantisce di far passare una legge senza voto ma ponendo la fiducia sul governo. E la protesta, in aula e nelle piazze, da Parigi a Bordeaux a Marsiglia, si è incendiata. Lunedì, il momento della verità con il voto sulle diverse mozioni di censura al governo che le opposizioni stanno preparando in queste ore.
Macron ci aveva pensato per tutta la giornata di ieri e ancora questa mattina insieme con i ministri del governo: il presidente voleva che la riforma passasse a maggioranza, per quanto risicata. Fatti i calcoli però - soprattutto quelli sui possibili franchi tiratori nelle file dei possibili alleati della destra moderata, i Républicains - Macron ha preso la decisione della scorciatoia: «Il mio interesse politico - ha detto nel decisivo Consiglio dei ministri, pochi minuti prima che la Borne si presentasse in aula - sarebbe stato di andare al voto» ma «i rischi finanziari ed economici sono troppo grandi».
Fonti vicine al partito macroniano Renaissance descrivono un presidente preoccupatissimo per l’inflazione, per la crisi bancaria internazionale, per la capacità di convincere i grandi soggetti politici e finanziari internazionali che la Francia è un Paese in grado di portare fino in fondo le riforme.
Adesso però tutto è ancora più difficile di quanto non sia apparso nelle ultime settimane: il governo rischia di cadere, trascinando con sé la riforma che Elisabeth Borne ha chiamato “la vostra riforma», insistendo sulle tante modifiche che il governo è stato costretto ad apportare per cercare di convincere i deputati a votarla. Se - evento che sembra ancora poco probabile - una delle mozioni di censura già annunciate da Marine Le Pen, da Jean-Luc Mélenchon e da diversi altri leader riuscisse nell’intento di raccogliere la maggioranza dei voti e a far cadere il governo, nessuno esclude che Macron non proceda immediatamente allo scioglimento delle camere.
Mentre in pochi minuti la scena del Parlamento francese in preda alle grida e con i deputati che inalberavano cartelli ‘No ai 64 annì faceva il giro del mondo, fuori da Palais Bourbon, la sede dell’Assemblée Nationale, un piccolo corteo improvvisato veniva respinto al di là del pont de la Concorde e proprio sulla grande piazza il drappello di contestatori si è ingrossato fino a dar vita a una manifestazione spontanea di migliaia di persone. Altri raduni, spontanei, a Marsiglia, a Bordeaux, a Nantes, ma anche in decine e decine di piccole città. Al calare della sera, migliaia di persone - molti i gilet gialli presenti - hanno acceso fuochi, lanciato fumogeni e intonato cori sullo sfondo illuminato dell’Assemblée Nationale, tanto che è dovuta intervenire la polizia con cariche di alleggerimento per sgomberare la piazza.
Nei corridoi di Palais Bourbon, intanto, è ripresa la caccia ai voti, soprattutto quelli dei 61 deputati Républicains: se loro non voteranno le mozioni di censura, il governo ce la farà e la riforma più invisa andrà comunque in porto. Ma Eric Ciotti, il presidente del partito, non sembra in grado di controllare tutti: davanti alle telecamere ha assicurato che i suoi deputati “non si assoceranno ad alcuna mozione di sfiducia per non aggiungere caos al caos». Dopo di lui però sono arrivati uno dopo l’altro i deputati repubblicani, da Aurélien Pradé che ha annunciato di «porsi il problema» ad altri che hanno lasciato capire che di poter votare le mozioni contro il governo. Soprattutto quelle trasversali, votabili da tutti, da Le Pen a Mélenchon.
Nel quartier generale dei sindacati, più che mai un fronte unito come difficilmente si era visto in passato, i leader della protesta hanno annunciato una nuova giornata di mobilitazione, la nona, per giovedì prossimo.
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