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"La paura, la fame e la morte di mia nonna": la moglie dell'ingegnere trapanese racconta la fuga dall'Ucraina

Yuliia Prodan con il marito Baldo Valenza

Il ritorno a casa è la fine di un incubo che però non si cancella, il traguardo dopo una maratona, quando si lascia andare il corpo spossato, quando ci si guarda indietro e si scorge ancora il tracciato. È stata una lunga corsa verso la salvezza quella di Yuliia Prodan, ucraina moglie dell'ingegnere trapanese Baldo Valenza.

È stanca, nel fisico e nella mente la 36enne dipendente di una Rsa di Torino dove da anni vive col marito. Pochi giorni fa, assistita dal coraggio e dalla fortuna, è riuscita a fuggire dagli orrori della guerra trovando riparo prima in Polonia per poi riabbracciare Baldo Valenza a Varsavia. Insieme sono tornati nella loro casa, al sicuro dalle bombe, ma con un carico di ricordi che Yuliia porterà sempre con sé.

Il dramma è ancora vivo nei suoi pensieri. Con il corpo è a Torino, ma con la mente è rimasta in Ucraina, dove è morta la nonna durante i giorni più crudi della guerra, dove sono rimasti i suoi genitori. Dal momento della sua fuga non ha più sentito la loro voce.

“Non ho ancora avuto loro notizie", dice. E poi ricorda la sua terribile esperienza a Mariupol dove era tornata a fine febbraio per rivedere i familiari dopo le restrizioni dovute alla pandemia. "Ho avuto paura di morire tutti i giorni- racconta Yuliia -, ho sofferto il freddo e la fame. Ora sono stanca ma sto bene". Il suo pensiero è rivolto ai familiari rimasti in Ucraina e ai momenti di disperazione per la morte della nonna. “Ai suoi problemi di pressione si è aggiunto il terrore per quel che stava succedendo - spiega -, purtroppo durante la fuga da casa è stata colta da malore e nonostante i miei tentativi di rianimarla perché svenuta abbiamo capito subito dopo che era deceduta”.

Yuliia è riuscita a fuggire da Mariupol grazie al passaggio in auto di un conoscente. "Ci siamo incrociati e ha riconosciuto mio padre. Ci siamo resi conto che dovevamo cogliere quella occasione, siamo stati fortunati”. Era la via di fuga dopo oltre un mese vissuto nascosti nei sotterranei di una scuola e poi in un bunker, mentre attorno cadevano le bombe, le famiglie venivano spezzate dai lutti, gli uomini andavano a combattere lasciando mogli, fidanzate e madri nello sgomento.

Recuperare acqua e cibo era un rischio che inevitabilmente si doveva correre. Non tutti i giorni per fortuna. "Avevamo con noi delle scorte alimentari che siamo riusciti a gestire", ma spesso era necessario percorrere dei chilometri a caccia di beni di prima necessità. Yuliia ricorda quei momenti con strazio, ripensa al pianto dei bambini, al giorno in cui si è separata dai suoi genitori, ma anche al momento in cui ha riabbracciato il suo Baldo. “Quella è stata la cosa più bella, quando ho rivisto mio marito che mi ha raggiunto in Polonia. Spero che tutto questo finisca presto”.

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