Nel giorno dello sdegno degli occidentali per gli orrori sui civili a Bucha, alle porte di Kiev, le forze armate russe hanno intensificato l’offensiva nel sud dell’Ucraina, con raid su depositi di petrolio a Odessa e sul porto di Mykolaiv, che ha provocato vittime. Il fronte costiero si conferma il più caldo, a partire da Mariupol, dove i combattimenti continuano ad ostacolare l’apertura dei corridoi umanitari. Le vie di fuga per i civili sono saltate ancora una volta, anche se i separatisti del Donbass avevano promesso un passaggio sicuro per gli stranieri ancora intrappolati nella città martire.
Nel nord, dopo 39 giorni dall’inizio dell’invasione russa, il conflitto sembra cristallizzato, dopo che le forze di difesa hanno annunciato la «liberazione dell’intera regione di Kiev». Nel resto del Paese lo stato maggiore ucraino ha rilevato attacchi «sistematici, ma meno intensi», perché «le unità delle forze di occupazione si stanno raggruppando, probabilmente per continuare le operazioni attive nella direzione di Izium», città chiave nel centro-est del Paese per bloccare i rinforzi degli ucraini verso il Donbass, che i separatisti filo-Mosca faticano a conquistare del tutto. Nella stessa logica l’offensiva si è concentrata sugli «insediamenti del Lugansk come Rubizne», dove è stato colpito un ospedale, provocando un morto e tre feriti, e per «preparare l’attacco a Severodonetsk e ottenere il controllo di Mariupol».
La guerra si avvicina ad Odessa
La maggiore spinta dei russi sul fronte sud è confermata da nuovi attacchi a Odessa. La perla del Mar Nero finora è stata risparmiata, almeno nel centro urbano, ma Mosca ha annunciato di aver «distrutto con missili di precisione lanciati dal mare una raffineria di petrolio e tre impianti di stoccaggio di carburante nelle vicinanze della città». Non ci sono state vittime, ma i residenti sono scappati nei rifugi dopo le sirene d’allarme, ed alcuni hanno raccontato che le finestre delle loro case sono andate in frantumi dopo le esplosioni. Mentre le autorità locali hanno riferito di «incendi in alcune zone». Il raid su Odessa è servito a «tagliare i rifornimenti di carburante» alle forze ucraine, hanno riferito i russi, che in questa fase si stanno concentrando sugli attacchi ad infrastrutture strategiche per l’approvvigionamento energetico del nemico. Come dimostra il raid di venerdì che ha distrutto la più grande raffineria del Paese, a Kremenchuk, e quelli diretti a depositi di petrolio a Leopoli e Dnipro.
Colpito il porto di Mykolaiv
I bombardamenti hanno colpito anche il porto di Mykolaiv, provocando un morto e 14 feriti, secondo le autorità locali. Anche questa città costiera è da tempo nel mirino dei russi. In attesa di fare crollare, una volta e per tutte, Mariupol. Nella città martire, ormai distrutta, la resa dei cittadini potrebbe arrivare prima per la fame che per i proiettili.
Saltano i corridoi umanitari a Mariupol
Per l’ennesima volta i corridoi umanitari si sono bloccati, ha reso noto il capo dell’unità di crisi ucraino. Secondo il vicesindaco Sergey Orlov sono rimaste 150mila persone, che oltre agli invasori vivono il dramma quotidiano della mancanza di cibo, acqua, elettricità e riscaldamento. All’inizio della giornata i separatisti avevano aperto ad un cessate il fuoco temporaneo per consentire l’uscita dei cittadini stranieri. E’ molto difficile, tuttavia, verificare se qualcuno sia riuscito a scappare. Mariupol nonostante tutto non si arrende, e si conferma il simbolo della resistenza ucraina di fronte agli artigli dell’orso russo. Mosca, al contrario, ha cominciato a guardarsi anche alle spalle. Come dimostra il raid, probabilmente ucraino, che venerdì ha colpito per la prima volta oltre confine, distruggendo un deposito di petrolio a Belgorod. E nella città a 40 km dall’Ucraina, appena due giorni dopo, sono state avvertite nuove esplosioni.
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