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Orrore a Herat, i talebani impiccano quattro cadaveri in piazza

Poche ore dopo aver annunciato la ripresa di esecuzioni e amputazioni, il regime ha giustiziato quattro presunti malviventi. Nelle strade ad osservare la drammatica scena centinaia di persone e pure bambini

I talebani espongono un cadavere impiccato

Un corpo penzolante da una gru in una delle piazze più affollate di Herat, attaccato al petto un cartello bianco con la scritta "I rapitori saranno puniti in questo modo". Altri tre cadaveri insanguinati trasportati per le strade della città, anche loro appesi ai bracci meccanici di alcuni camion e poi esposti al pubblico. Poche ore dopo aver annunciato la ripresa di esecuzioni e amputazioni in Afghanistan, definite dagli Usa «chiare violazioni dei diritti umani», i talebani hanno impiccato 4 cadaveri a Herat, terza città del Paese. «Una lezione» per chiunque voglia commettere lo stesso crimine, è stato il sinistro avvertimento del vicegovernatore della provincia, Mawlawi Shir Ahmad Muhajir.
I quattro presunti malviventi, ha ricostruito Tolo News, sono stati intercettati in una strada fuori città, poco dopo la denuncia del rapimento di un imprenditore con il figlio nella stazione di servizio di sua proprietà. Un fenomeno, quello dei sequestri di persona a scopo di estorsione, particolarmente frequente in Afghanistan, che i sedicenti studenti coranici hanno promesso di estirpare con ogni mezzo. I rapitori sono quindi stati uccisi in uno scontro a fuoco con le forze talebane, in cui è rimasto ferito anche un miliziano dei mullah, e i loro corpi trasportati per la macabra esibizione pubblica.
Un testimone ha raccontato che i Talebani hanno annunciato l’uccisione di quattro «criminali», diffondendo la notizia dell’esposizione dei loro corpi in diverse zone della città. Sui social media, foto e video mostrano l’orrore perpetrato dai mullah. Nelle strade, a osservare la drammatica scena, si vedono centinaia di persone, tra cui diversi bambini.
Le impiccagioni giungono subito dopo l’annuncio dell’imminente ripresa di esecuzioni e mutilazioni dei detenuti giudicati colpevoli di alcuni crimini - dall’omicidio al furto al sequestro. Il ritorno alla giustizia sanguinaria e alla legge del taglione è stato confermato dal mullah Nooruddin Turabi, tra i fondatori del movimento jihadista e oggi responsabile del sistema penitenziario, dopo essere stato protagonista già negli anni Novanta dell’interpretazione più oscurantista del diritto islamico come capo della polizia religiosa. Forti timori riguardano anche un possibile ritorno alla lapidazione delle donne accusate di adulterio o mancato rispetto della sharia, la legge coranica. E dopo le impiccagioni di oggi, anche l’ipotesi di non mostrare in pubblico esecuzioni e punizioni corporali sembra già messa da parte.

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