Da Herat nell’ovest a Ghazni, nell’est, uno dopo l’altro i capoluoghi di provincia afghani cadono nelle mani dei Talebani, che si stanno di nuovo impadronendo con sorprendente velocità del Paese. La marcia verso Kabul ormai appare inarrestabile e gli Usa hanno deciso di inviare oltre tremila soldati a protezione del personale diplomatico e dell’intero staff dell’ambasciata. Un annuncio simile è stato fatto poco dopo anche dalla Gran Bretagna. L’avanzata dei Talebani ricorda quella che li vide protagonisti alla metà degli anni Novanta, quando arrivarono ad instaurare il Califfato guidato dal Mullah Omar. Le loro forze sono arrivate a 150 chilometri dalla capitale Kabul, verso la quale fuggono migliaia di civili in condizioni disperate. La caduta della capitale sembra essere ormai solo questione di tempo, e la misura del dramma è data dalla proposta avanzata dal governo agli insorti di una condivisione del potere in cambio della fine delle ostilità. La Germania e gli Usa hanno invitato i propri cittadini a lasciare la città e Washington, esprimendo «grave preoccupazione», ha annunciato l’invio di nuove forze militari senza spiegare se il nuovo contingente resterà in Afghanistan anche dopo il 31 agosto, la data fissata da Joe Biden per il completo ritiro degli Usa dal Paese. E di fronte al rischio di un’escalation, il portavoce del Dipartimento alla Difesa, John Kirby, minimizza e assicura che l’aeroporto di Kabul non verrà utilizzato per attaccare i Talebani. La rappresentanza diplomatica Usa rimarrà comunque aperta, con lo staff ridotto all’indispensabile, mentre si valuta un suo spostamento proprio nell’area dell’aeroporto. L’inasprirsi dei combattimenti, che secondo l’Onu solo nell’ultimo mese hanno provocato mille morti tra i civili, hanno indotto anche la Francia a sospendere i rimpatri degli afghani immigrati illegalmente, come avevano fatto in precedenza la Germania, l’Olanda, la Svezia e la Finlandia. Intanto, vengono accelerate le operazioni per cercare di portare fuori dal Paese le migliaia di afghani che hanno collaborato con le forze straniere della Nato, a rischio di rappresaglie da parte dei Talebani. «Ci stiamo muovendo insieme agli altri partner - ha detto il segretario generale della Farnesina Ettore Sequi in un’intervista a Sky TG24 - e una collaborazione fra i ministeri della Difesa, degli Esteri e dell’Interno ha fatto sì che 228 afghani che hanno collaborato con l’Italia e le loro famiglie siano già in Italia. Altri ce ne saranno nei prossimi giorni». Proprio l’ex quartier generale delle forze italiane, Herat, terza città afghana nell’ovest del Paese, è l’ultima conquistata dagli «studenti di religione» (il significato letterale della parola Taleban). Il capoluogo dell’omonima provincia, confinante con l’Iran, è stato abbandonato dalle forze governative dopo settimane di assedio. A nulla è servito il sostegno fornito loro dalle milizie dello storico signore della guerra locale, Ismail Khan. Qualche ora prima era caduta Ghazni, nell’est del Paese, solo 150 chilometri a sud-ovest di Kabul, lungo l’autostrada che collega la capitale alla città meridionale di Kandahar, culla dei Talebani e anch’essa investita dai combattimenti. Nella stessa Kandahar «si combatte nelle strade e una porzione importante della città è già nelle mani dei Talebani», ha detto all’Ansa Alda Cappelletti, direttore dei programmi della ong italiana Intersos, all’opera per assistere gli oltre 20.000 sfollati che si sono riversati in città dopo essere fuggiti dalle zone rurali circostanti, dove gli scontri infuriano da settimane. «I Talebani - aggiunge - si sono già impadroniti della prigione, liberando i detenuti, dei consolati dell’Iran e dell’India e avanzano verso il palazzo del governatore». A Kabul, riferiscono all’Ansa fonti locali, la situazione è calma, ma cresce la paura per l’avvicinarsi dei jihadisti, mentre la città si sta riempiendo di sfollati fuggiti dalle aree dove infuriano i combattimenti. In meno di una settimana i Talebani si sono impadroniti di un terzo dei capoluoghi di provincia, mentre a causa della recrudescenza dei combattimenti a partire da maggio, in seguito al ritiro delle forze Usa e Nato, quasi 400.000 persone hanno dovuto lasciare le loro case. Ghazni, la città più vicina alla capitale conquistata dai jihadisti, è stata consegnata in cambio di un lasciapassare dal governatore, Mohammad Davud Laghmani, che poi è stato intercettato e arrestato dalle forze governative mentre fuggiva. «Non accetteremo una presa del potere violenta o con la forza da parte di nuovi regimi», ha affermato Sequi. Cioè del Califfato abbattuto dall’intervento anglo-americano del 2001. Ma una fonte del governo citata dall’agenzia Afp ha detto che, tramite la mediazione del Qatar, Kabul ha sottoposto ai Talebani la proposta «di condividere il potere in cambio della fine della violenza nel Paese».