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Coronavirus, nell'inferno di New York la speranza è il siciliano Tony Fauci

La diffusione in America del nome Tony, secondo alcuni, sarebbe stata favorita dal modo di operare degli ispettori dell'immigrazione di Ellis Island. In questa piccola isola adiacente a quella di Manhattan, fino agli anni 50 approdo delle navi provenienti dall'Europa, sbarcavano gli immigrati in cerca di fortuna nel nuovo mondo. La maggior parte di questi, soprattutto italiani, erano diretti a New York. Alla partenza, senza competenza linguistica e con pochi denari, venivano affrancati come un pacco postale con una etichetta incollata sulle loro giacche: «To NY», «Per New York».

All'arrivo, non capendo l'inglese e con il nome storpiato dall'accento americano, spesso e volentieri perdevano il turno per ottenere il visto di ingresso in USA. Raggruppati dagli agenti di polizia americani, e non capendo le domande a cui erano sottoposti, venivano registrati con il nome Tony, To NY. Come cognome il luogo originario di partenza, ad esempio Palermo.

Tony Fauci da quell'isola non è mai passato, e il suo nome è semplicemente il diminuitivo di Anthony. I suoi nonni, invece, su quell'isola hanno fatto capolino all'inizio del ventesimo secolo, dopo aver affrontato un viaggio lungo e complicato. Ancor più per quelli partenti, che da Sciacca si misero in viaggio per dare una speranza di futuro migliore ai propri figli e nipoti.

Oggi il siciliano di Brooklyn Tony Fauci è l'unica vera speranza per chi, come me, vive in America ed è alle prese con la pandemia causata dal covid 19. Nel suo campo è una istituzione. Il suo contributo nella lotta all'AIDS è stato determinante e in queste settimane è diventato un punto di riferimento per gli americani. A gennaio è stato chiamato a far parte della task force per contrastare l'avanzate del virus negli USA. L'America pende dalle sue labbra, più che da quelle del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che con lui partecipa alle conferenze stampa quotidiane sulla situazione covid 19. E quasi ogni giorno, in diretta mondiale, basandosi semplicemente sulle sue competenze scientifiche ed esperienze professionali, si trova a smentire sistematicamente le dichiarazioni, per lo più propagandistiche, del numero uno della Casa Bianca.

C'è da ricordare che a novembre ci saranno le elezioni Presidenziali americane e Trump sembra più interessato a farsi pubblicità che a capire come arginare l'epidemia. Neanche un mese fa aveva definito il contagio minimo, simile ad una influenza che sarebbe sparita nel giro di quindici giorni. Con l'andare del tempo ha dovuto virare, smentito dai fatti.

Oggi sostiene che l'America ripartirà entro Pasqua e che l'economia, ottima prima della crisi sanitaria, non avrà ripercussioni. Dallo stesso scranno dopo neanche un minuto la replica di Fauci: «Non siamo noi a dettare le tempistiche. È il virus che le detta», come a ribadire che l'idea di riaprire il paese tra due settimane è improbabile. Insomma un teatrino preoccupante e l'esperienza italiana, da queste parti, sembra non aver insegnato nulla.

Gli americani, mentre nel nostro paese il virus prendeva campo, gli ospedali si ingolfavano e il numero delle vittime iniziava ad essere spaventoso, hanno continuato a vivere come se fosse solo un problema cinese o europeo. Intanto il virus avanzava indisturbato, senza che venissero prese misure appropriate. Oggi New York, deserta come in un film apocalittico, è la nuova Wuhan, l'epicentro mondiale del virus con il più alto numero di contagiati e morti negli Stati Uniti. La sanità americana, una delle migliori al mondo, è in affanno. Alcuni ospedali sono già al collasso, pur non avendo ancora raggiunto il picco del contagio. Medici e infermieri sono a corto di equipaggiamenti protettivi. Iniziano anche a scarseggiare i respiratori.

I ristoranti e i bar sono stati obbligati alla chiusura solo tre settimane fa. I lavoratori non vanno più a lavoro da due settimane e nello stato di NY, come in California, da una decina di giorni è consigliato rimanere a casa. I newyorchesi hanno obbedito, ma in diversi non rinunciano alle passeggiate pomeridiane o ad una corsa.

Quello che in Italia è bandito qui è ancora lecito, seppur venga consigliato di mantenere la distanza di sicurezza di 6 feet, circa due metri. Gli unici che hanno iniziato in anticipo un isolamento preventivo sono stati gli italiani. Gli unici che, seguendo le vicende italiane direttamente, hanno veramente capito la gravità della situazione che solo in questi giorni, qui negli Stati Uniti, sta mostrando la sua pericolosità.

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