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Elezioni Usa 2020, Hillary Clinton e Bloomberg non saranno candidati

Hillary Clinton e Michael Bloomberg

Michael Bloomberg e Hillary Clinton non si candideranno per le elezioni presidenziali del 2020. A mettere la pietra tombale sull'ipotesi di una discesa in campo sono stati gli stessi protagonisti: l’ex sindaco di New York con un comunicato a sorpresa postato su Twitter in cui ha escluso quelli che tutti si attendevano; l’ex first lady in un’intervista televisiva con cui ha spento definitivamente tutti i rumor degli ultimi mesi, quelli che parlavano di una possibile rivincita nei confronti di Donald Trump.

Sia Bloomberg sia Clinton non hanno però alcuna intenzione di farsi da parte, e ognuno a suo modo porterà avanti la battaglia contro il tycoon, battendosi perché la Casa Bianca sia riconquistata dai democratici. Per il miliardario tre volte sindaco della Grande Mela questo sarà possibile solo se i democratici sapranno scegliere un leader veramente all’altezza e che non arrivi allo scontro finale del novembre 2020 non eccessivamente logorato dalle primarie del partito.

Lui intanto è disposto ancora una volta a mettere a disposizione la sua immensa ricchezza personale, organizzando e finanziando l'opposizione a Trump che definisce «una minaccia per il Paese». E promuovendo molte delle battaglie condivise dal popolo dem, come quella ambientalista e quella contro le armi. Lancia così una nuova campagna, 'Beyond the Carbon', oltre il carbone, per spingere l’America il più velocemente possibile lontano dal petrolio e dal gas e facendola avvicinare all’obiettivo di un’economia al 100% basata sull'energia pulita. Dietro la sua decisione di non correre la consapevolezza delle difficoltà che potrebbe incontrare nelle primarie democratiche affollate da candidati sempre più ispirati dall’ala più progressista del partito, ma anche l’ombra della presenza di un importante democratico moderato, l’ex vice presidente Joe Biden, il cui annuncio potrebbe arrivare da un momento all’altro.

Quella di Hillary Clinton di rinunciare alla rivincita su Trump è stata invece non una sorpresa ma una conferma. «Non correrò, ma continuerò a lavorare, parlare e difendere ciò in cui credo», ha detto all’emittente newyorkese News12. Ma di fatto, all’età di 71 anni, il suo è un vero e proprio addio al sogno di una vita, quello di diventare la prima donna presidente degli Stati Uniti. Un sogno coltivato e inseguito lungo tutta la sua carriera, lunga e ammirata, che dalla Casa Bianca al fianco di Bill Clinton l’ha portata prima in Senato e poi al governo come segretario di Stato. Ne ha rotti di soffitti di cristallo Hillary, ma non le è riuscito il colpo più forte. Ci ha provato due volte, nel 2008 e nel 2016: ma la sua forza, quella di appartenere ad una famiglia, ad un clan potente come quello dei Clinton, si è trasformata nella sua principale debolezza, che l’ha fatta troppo spesso percepire come troppo legata a interessi particolari e 'out of touch’, fuori dalla realtà di milioni di americani colpiti dalla crisi. Così sono maturate le sconfitte nel 2008 nelle primarie democratiche contro Barack Obama e nel 2016 contro Donald Trump, lei prima donna della storia Usa a vincere la nomination in uno dei due partiti principali.

Ancora un soffitto di cristallo infranto, mentre adesso toccherà a qualcun’altra provare a portare a termine la missione più difficile. Sono già cinque, un numero record, le donne dem scese in campo per la Casa Bianca: le senatrici Kamala Harris, Elizabeth Warren, Kirsten Gillibrand, Amy Klobuchar e la deputata Tulsi Gabbard. Tutte un po' lo devono alla strada aperta dall’ex first lady, una delle figure femminili più complesse della storia del partito e più complicate da gestire. Lo sarà anche nel corso delle affollatissime primarie, c'è da giurarci: «Farò tutto quello che posso per dare un contributo affinché i democratici vincano».

Non è un caso che quasi tutti i candidati dem si siano già presentati al cospetto di Hillary: «A tutti loro ho dato un consiglio: non date mai nulla per scontato».

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