Per ore in balia del mare in una barcone in avaria e solo in nottata soccorsi da un cargo inviato dalla Libia, dove torneranno. Si è rischiata una nuova strage in quel Mediterraneo che continua ad essere un cimitero dei migranti.
In 100 - tra cui venti donne e dodici bambini, uno dei quali potrebbe essere morto di stenti - hanno atteso l'aiuto sul natante a 60 miglia al largo delle coste di Misurata.
Ore di angoscia che sono terminate con l'invio dei soccorsi: in serata un mercantile dirottato sul posto dalla guardia costiera libica ha raggiunto la carretta, cominciando ad imbarcare i migranti. Al termine delle operazioni, il cargo Lady Sharm, battente bandiera della Sierra Leone, farà ritorno in Libia, da dove il barcone era partito. "Verranno portati in salvo nel porto di Misurata", fa sapere in serata Palazzo Chigi, che in precedenza aveva sollecitato la guardia costiera libica affinché effettuasse quanto prima l'intervento.
Questi i fatti. In mattinata Alarm Phone, il sistema di allerta telefonico utilizzato per segnalare imbarcazioni in difficoltà, ha ricevuto la segnalazione del natante in avaria al largo di Misurata. Ora per ora, minuto per minuto, ha raccontato via tweet il dramma delle 100 persone stipate nell'imbarcazione facendo il resoconto delle innumerevoli segnalazioni effettuate a Roma, La Valletta e Tripoli, quest'ultima indicata da tutti come autorità competente a coordinare i soccorsi.
"Abbiamo chiamato sette numeri differenti della sala operativa della cosiddetta Guardia costiera di Tripoli - raccontano i volontari - ma non abbiamo ricevuto risposta. Malta ci ha fornito un ottavo numero, che non risponde. Tutto questo è ridicolo. Ne basterebbe uno che funzionasse. Abbiamo avvisato Italia e Malta che la Libia non è raggiungibile. Nessuno ha attivato un'operazione di soccorso".
Affermazioni respinte dalla Marina libica, che con il suo portavoce, il brigadiere Ayoub Gassem, ha smentito che le richieste di soccorso siano state ignorate, sottolineando che in mattinata altri 140 migranti sono stati salvati da una motovedetta di Tripoli. Dal canto suo la Guardia costiera italiana ha precisato che, non appena saputo dell'emergenza, "come previsto dalla normativa internazionale sul Sar ha immediatamente contattato la Guardia Costiera libica, nella cui area di responsabilità era in corso l'evento, che ha assunto il coordinamento e non potendo mandare propri mezzi perché impegnati nei precedenti soccorsi, ha inviato sul posto il mercantile della Sierra Leone".
A bordo del barcone i naufraghi hanno trascorso ore drammatiche: "Stiamo congelando, la situazione è disperata, aiutateci. Abbiamo paura di morire"", dicevano mentre imbarcavano acqua. Altri 47, salvati ieri da un gommone che stava per affondare, sono sulla Sea Watch, sempre al largo della Libia, in attesa di conoscere quale sarà il loro destino.
"Nessuno ci dà informazioni, non sappiano cosa fare, quale sarà il porto dove attraccare - dicono dall'equipaggio - "Chiediamo istruzioni e restiamo in attesa. Siamo stati rimandati ai libici che però non rispondono. Non c'è modo di parlare con loro".
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