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Migranti, Salvini dice no ai 47 della Sea Watch: "Non in Italia, vadano a Berlino"

Dolore per l’ennesima carneficina nel Mediterraneo e rabbia per «gli scafisti che ricominciano i loro sporchi traffici», ma anche polemiche sulle «ong che tornano in mare e portano la morte», secondo le parole del ministro dell’Interno Salvini, sempre deciso a «chiudere i porti» anche dopo l’ultimo salvataggio della Sea Watch.

La vicenda dei 170 migranti morti in due naufragi al largo della Libia scuote la politica. Salvini resta fermo: le 47 persone soccorse su un gommone in difficoltà non dovranno sbarcare in Italia. «Una ong ha recuperato decine di persone. Si scordino di ricominciare la solita manfrina del porto in Italia o del 'Salvini cattivo'. In Italia no. Vadano a Berlino e facciano il giro lungo passando da Rotterdam, facendoli scendere ad Amburgo», dice in diretta Facebook, aggiungendo sulla strage: «Tornano in mare davanti alla Libia le navi delle ong, gli scafisti ricominciano i loro sporchi traffici, le persone tornano a morire».

«Io non sono stato, non sono e non sarò mai complice dei trafficanti di esseri umani, che con i loro guadagni investono in armi e droga, e delle Ong che non rispettano regole e ordini. Quanto a certi sindaci e governatori di Pd e sinistra anziché denunciare la presunta violazione dei 'diritti dei clandestini', dovrebbero occuparsi del lavoro e del benessere dei loro cittadini, visto che sono gli italiani a pagare loro lo stipendio. Sbaglio?», scrive su Facebook il ministro dell’Interno.

Il premier Giuseppe Conte, da Matera, si è detto «scioccato da questa nuova strage», mentre il presidente della Repubblica Mattarella ha espresso «profondo dolore».

Il Pd invoca con Matteo Renzi «l'apertura dei porti, ma soprattutto - dice l’ex premier - vanno aperti gli occhi». Ad usare parole dure contro il vicepremier leghista è il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, il quale parla di «genocidio» e rivolgendosi a Salvini dice: «Si farà un secondo processo di Norimberga e lui non potrà dire che non lo sapeva».

Il numero uno del Viminale risponde: «Mi paragona ai criminali nazisti. Non ho parole. I suoi insulti per me sono medaglie».

Al di là della polemica sui porti, prevale lo sgomento e l'indignazione per la strage al largo di Tripoli e la condanna degli scafisti. «Sono crimini contro l’umanità - dice il premier Conte - Quando avrò smesso questo mio mandato di servizio per il popolo italiano, mi dedicherò al diritto penale per perseguire e assicurare alla Corte internazionale i trafficanti di uomini». Anche per la presidente dei deputati di Forza Italia, Maria Stella Gelmini, «servono azioni forti contro i trafficanti di uomini, investimenti nei Paesi di partenza e impegno per la stabilizzazione della Libia». E il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, invoca l'intervento dell’Europa, che «non può più restare a guardare».

Stesse parole dal senatore di Leu, Pietro Grasso, che si chiede: «Quando inizieremo, come comunità, a sentirci responsabili per queste morti?». Si moltiplicano gli appelli ad una svolta anche dal mondo delle organizzazioni non governative, come l’Unhcr e Medici Senza Forntiere, che condannano le politiche europee sulla gestione dei salvataggi in mare. Il senatore e ufficiale delle capitanerie Gregorio De Falco, invece, invoca chiarezza: «Spero che la Marina militare e la Guardia Costiera ci forniscano ogni ragguaglio della situazione" e ricorda che «esistono obblighi di soccorso derivanti sia da norme di diritto internazionale che interno, oltre al buon senso». Per il presidente di Libera e Gruppo Abele, Luigi Ciotti, questi «sono morti che devono pesare sulle coscienze di tutti».

Lapidario il commento di padre Alex Zanotelli: «Oggi è un grande cimitero. I nostri nipoti diranno di noi quello che noi diciamo dei nazisti».

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