Antonio Megalizzi non ce l’ha fatta. Il giovane reporter italiano, appassionato dell’Europa con il sogno del giornalismo, è morto dopo tre giorni da quella drammatica sera in cui, passeggiando con due amiche al mercatino di Natale di Strasburgo, ha incrociato lo sguardo e la pistola di Chérif Chekatt, un ragazzo più o meno della sua stessa età, ma con l’inferno dentro.
Per Antonio, colpito alla testa, da subito ci sono state poche speranze: 'Condizioni irreversibili e inoperabili', era stata la sentenza pronunciata dai medici alla famiglia. Che è rimasta accanto a lui fino alle fine, con la mamma disperata che, dall’inizio, ha capito: 'Me l’hanno portato via'. E a soli 29 anni è passato dal coma alla morte, diventando
la quarta vittima dell’attacco di martedì sera.
Trento e il Trentino, da cui era partito Antonio, piangono. E i messaggi di dolore e cordoglio si rincorrono in rete e dalla pagina della sua radio, Europhonica. Ma è tutta l’Italia a stringersi accanto alla sua famiglia.
Il premier Giuseppe Conte si è detto commosso, invitando tutti a «unirsi nel dolore». Mentre il capo dello Stato Sergio Mattarella ha parlato di «tragedia inaccettabile» e di un giovane «vittima dell’odio criminale e del fanatismo». Anche i vicepremier Di Maio e Salvini l’hanno definita «una morte assurda» promettendo «impegno affinché non si muoia più così».
Alla Camera, simbolicamente, un lungo applauso ha accompagnato la notizia della morte di Antonio.
Non è la prima volta che il Paese si ritrova a piangere un suo connazionale vittima di un attacco terroristico. La coincidenza del mercatino di Natale riporta alla mente, Fabrizia di Lorenzo, la ragazza abruzzese che perse la vita nell’attacco a Berlino due anni fa. Anche lei giovane con la voglia di Europa. Ma la lista, da Parigi a Tunisi, è tragicamente lunga.
Fa impressione ascoltare l’entusiasmo con cui Antonio sognava di fare il giornalista, a tempo pieno, e parlava della sua esperienza a Strasburgo. In un messaggio audio che l’Ansa ha potuto ascoltare raccontava di essere «innamorato dell’Unione Europea».
Con il desiderio, rivelava ad una amica, «di riuscire un giorno a farcela: di continuare a fare quello che faccio a Strasburgo ma in maniera continuativa, perché ancora non esiste un media service giovane che si occupi di Ue».
Lui ancora non aveva la tessera professionale, che però ora l’Ordine dei giornalisti del Trentino Alto Adige consegnerà alla famiglia. Antonio è stato descritto dagli amici come un europeista convinto, una persona brillante, determinata, ma anche rispettosa delle differenze.
Che fosse un ragazzo apprezzato lo si capisce da tante piccole cose accadute in questi giorni drammatici: dai tanti messaggi sul suo profilo Facebook alla lettera che gli amici hanno attaccato al muro sotto la sua casa a Trento, dove il giovane viveva assieme al papà Domenico, alla mamma Annamaria e alla sorella più piccola, Federica. «Per te sposteremmo anche le montagne», è stato il loro saluto. Appena saputa la notizia, don Mauro Leonardelli, parroco della parrocchia di Cristo Re, dove mamma Annamaria è catechista, ha organizzato un momento di preghiera parlando ai fedeli dell’importanza del messaggio dato da Antonio attraverso la sua vita e il suo lavoro.
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