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Trump canta vittoria dopo l'accordo con la Nord Corea, ma crescono i dubbi

«Sono appena atterrato. Un lungo viaggio, ma tutti ora possono sentirsi più sicuri rispetto al giorno in cui mi sono insediato. Non c'è più una minaccia nucleare dalla Corea del Nord». Di ritorno dal summit di Singapore con Kim Jong-un, Donald Trump continua a cantare vittoria vantandosi su Twitter di aver eliminato il pericolo atomico di Pyongyang senza che si sia ancora iniziato a smantellarne l’arsenale.

«Prima di entrare in carica, la gente pensava che stavamo andando alla guerra con la Corea del Nord. Il presidente Obama aveva detto che era il nostro problema più grande e pericoloso. Non più. Dormite bene stanotte!», ha rassicurato, accusando poi i media 'Fake News', in particolare Nbc e Cnn, di «minimizzare l’esito del summit» e di essere «il più grande nemico del paese».

Stampa ed esperti in effetti, pur riconoscendo che Trump ha disinnescato per ora la miccia di una possibile guerra nucleare, restano scettici sull'«accordo del secolo», mentre i media di regime nordcoreani celebrano il vertice come una vittoria casalinga, sottolineando le concessioni di Trump e l’intesa per procedere «passo passo».

I detrattori della dichiarazione congiunta sostengono che Kim si è limitato a ribadire impegni che Pyongyang ripete dal 1992, senza averli mai onorati, e che il documento è troppo vago, privo di indicazioni su tempi e modalità del disarmo nucleare. Oltre al fatto che il tycoon ha concesso più di quanto abbia ricevuto, in particolare trattando da pari a pari Kim, fornendogli garanzie di sicurezza e soprattutto sospendendo le «costose» esercitazioni comuni con Seul, riconoscendo che sono provocatorie.

Una mossa che di fatto risponde già alla logica del 'passo passo' (Kim aveva già sospeso i test nucleari e missilistici) e che ha spiazzato, insieme al Pentagono, il Giappone e la Corea del Sud, il cui presidente oggi ha salvato la faccia osservando che «finché si terranno negoziati seri tra Nord e Usa, crediamo di dover prendere in esame vari modi per favorirli».

Senza dimenticare le sperticate lodi ad un dittatore sanguinario e i reciproci inviti già accettati, ignorando la questione dei diritti umani e sfiorando il grottesco con un filmato di 4 minuti per far vedere a Kim il potenziale turistico della Corea del Nord un anno dopo che uno studente americano in gita, Otto Warmbier, è morto in seguito a probabili torture durante la detenzione.

Oggi il segretario di Stato Mike Pompeo, architetto del summit e capo negoziatore, ha cercato di mettere il primo paletto in vista dei colloqui che riprenderanno «la prossima settimana», auspicando che Pyongyang compia passi «importanti per il disarmo» entro la fine del primo mandato di Trump, ossia gennaio 2021. Il capo della diplomazia, che domani a Seul incontrerà il presidente sudcoreano e il premier giapponese, ha poi ammonito che Kim capisce che «vi saranno verifiche approfondite» sugli impegni nucleari in qualsiasi accordo con gli Usa e ha precisato che le esercitazioni comuni con Seul riprenderanno in caso di stop ai negoziati.

Intanto Kim si gode il successo del summit cavalcandone i risultati, compresa l’intesa di procedere simultaneamente 'passo passo', quindi con concessioni graduali reciproche, e non in modo unilaterale come pretendeva Trump.

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