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Tra un mese la Germania vota,: Merkel sembra irraggiungibile

Angela Merkel

BERLINO. Un noto giornalista tedesco le ha chiesto se sia vero che è diventata più dura, come si dice in giro, negli incontri a quattro occhi coi leader mondiali, in particolare coi soggetti «difficili». E Angela Merkel, dopo qualche attimo di riflessione, ha spiegato: «Quando non sono d’accordo su qualcosa, lo dico. Chiamo il dissenso per nome, per non prestarmi a equivoci sulle decisioni che prenderò in futuro».

Netta, ma sempre pacata, ha notoriamente il sangue freddo che serve nelle grandi occasioni questa signora del Brandeburgo. E con il suo stile, la cancelliera sembra irraggiungibile dagli avversari in Germania, in vista delle elezioni del 24 settembre. Soprattutto oggi. Il tema su cui si misura alla quarta candidatura la veterana della Cdu - oscilla fra il 39 e il 40%, mentre l’SPD si riprende lentamente e questa settimana tocca il 24 - rende la partita davvero difficile a Martin Schulz.

Anche perché le elezioni, esattamente fra un mese, si giocheranno su qualcosa che, alla fine, ha ben poco a che fare con i problemi interni del Paese. Nella lettura di molti analisti è chiarissimo che i tedeschi - popolo che più di ogni altro frequenta il sentimento della «paura» ("Angst") a causa del suo pesante fardello storico - sceglieranno chi più sarà in grado di promettere stabilità alla Germania, nella complicatissima situazione internazionale. E il dubbio non si pone.

Le incognite insite nella nuova stagione americana, l'imprevedibilità di Mosca, i test d’inimicizia su cui si allena quotidianamente Ankara aiutano in modo decisivo Frau Merkel. Anche in un duello affrontato inizialmente senza slancio. Pure un ex presidente del parlamento europeo arranca, inseguendo quella che il New York Times ha definito l’ultima «leader del mondo libero».

Schulz, che ha impostato la sua campagna sulla giustizia sociale - tema su cui i due principali partiti si incalzano - sul fronte internazionale cede alla tentazione del braccio di ferro, anche per differenziarsi. Attacca frontalmente Erdogan, Trump, Putin, ma non riesce a fare breccia nell’opinione pubblica.

Merkel invece non alza mai i toni, pur dicendo chiaramente la sua: «non saremo automaticamente al fianco degli Usa in una guerra con la Corea del Nord», ha annunciato appena ieri. In Germania (e non solo) si conta talmente tanto sulla sua esperienza, che azzarderà anche una svolta generosa in Europeo, in sintonia con Macron.

Il suo slogan? Materno, in "modus Merkel": «Per una Germania in cui viviamo bene e volentieri». Smaccatamente poco «sexy». Dopo la spinta iniziale che ha dato al partito il volto nuovo di un politico non ancora usurato fra le mura domestiche - Schulz era riuscito nel miracolo del sorpasso trascinando i consensi sopra il 30% all’esordio - l’uomo che ostenta il curriculum debole da comune mortale è precipitato invece proprio con l'avvento di Trump sulla scena mondiale.

Il nuovo leader dell’Spd ha fatto diversi errori, politici e di comunicazione. E dopo tre gravi sconfitte alle regionali, stenta a tenere il passo con la donna che prima dell’estate ha ospitato un G20, salutato come un successo persino sul clima, all’indomani del passo indietro di Washington dall’accordo di Parigi.

E’ ormai lontana l’emergenza profughi che l’ha messa a rischio nel 2015, (ne accolse un milione). Un quarto mandato della cancelliera post-ideologica, che ha fatto approvare il matrimonio gay in pochi giorni, tirandosi ancora un volta fuori dall’angolo, non sembra in discussione. Un sondaggio di ieri ha rivelato che il 46% degli elettori sarebbe ancora «indeciso» e l'ex cancelliere Gerhard Schroeder ha incitato l’SPD a mobilitare proprio questo bacino. La sua voce autorevole era uno dei jolly dei «compagni». Anche questa carta è stata bruciata però: l’incarico in un colosso petrolifero russo ha messo per l'ennesima volta in grave imbarazzo il partito.

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