BARCELLONA. "Ragazzi io e Silvio Augusto Villalobos stiamo bene, siamo chiusi a casa state tranquilli". Lo scrive su Facebook, Emanuela Sanfilippo, palermitana che vive a Barcellona e lavora come assistenza alla clientela presso Volotea. Con il post ha voluto rassicurare gli amici e i familiari. "Sono solo molto spaventata - aggiunge - qui mi sentivo tranquilla qui non ho parole".
Ed è lunga la lista degli italiani che si trovavano a Barcellona, ed in particolare sulla Ramala, al momento dell'attentato. "Ce lo siamo visto arrivare addosso" e "ho visto distintamente le persone colpite che saltavano in aria. Una cosa terribile": la testimonianza drammatica di un trentenne italiano, Saverio, che con la fidanzata e due amici stava passeggiando sulla Rambla quando il furgone killer che ha seminato morte e paura ha puntato diritto nella sua direzione.
La sua ragazza, Chiara, era entrata nel negozio Desigual. Saverio e due amici sono rimasti fuori, nella corsia pedonale. "Ho sentito le grida, ho guardato verso la piazza (plaza de Catalunya) e a circa 80 metri di distanza ho visto il furgone che veniva veloce verso di noi", racconta il giovane, con nella voce ancora tracce dell'emozione terrificante che ha subito un'ora prima. "Immediatamente ho realizzato cosa succedeva: da come conduceva il veicolo era chiarissimo che era tutto voluto".
A Saverio si è materializzata immediatamente l'immagine del lungomare di Nizza. Presi dalla paura, i tre si sono lanciati di corsa verso il negozio d'abbigliamento dov'era Chiara: "E' stata una frazione di secondo", il tempo di muoversi e "il furgone era praticamente già lì, a venti-trenta metri, veniva giù veloce". "Un paura terribile", ripete Saverio. Chiara, Saverio e i loro amici sono rimasti chiusi nel seminterrato del negozio. "Non ci fanno uscire. Siamo una trentina di persone: commessi di Desigual, clienti, gente che si è rifugiata come noi, un vigilante".
La polizia infatti non ha consentito a nessuno di uscire in strada per lungo tempo, a causa della caccia all'uomo che si è scatenata.
"Sono vivo solo perché non sono riusciti ad ammazzarmi, ma io ero lì nel mezzo, li ho visti, in pochi secondi ho visto uccidere non so quante persone di fronte ai miei occhi", scrive su Facebook un altro italiano, Alessio Stazi, un romano che si trova a Barcellona. "Mi sono ritrovato chiuso in un sottoscala di un negozio e non so neanche come ci sono arrivato, non so dove sono i miei amici e non capisco ancora cosa cazzo sia successo. Amici di Barcellona, scrivetemi qui per favore". "E' stato terribile essere puntato dal camion".
Da un'altra prospettiva, Carlo, italiano 50/enne che lavora in un chiosco di torroni a circa 150 metri da Plaza de Catalunya ha raccontato al telefono all'ANSA: "Eravamo in tre nel chiosco e ho sentito gente che urlava. Quando l'ho visto, il furgone correva nella parte centrale, pedonale della Rambla a tutta velocità, almeno 40-50 chilometri l'ora".
"Ho visto gente sbattuta a sinistra e a destra" perché "correva a zig-zag per cercare di prendere tutto quello che poteva prendere", cercando di investire le persone in fuga. "L'ho visto proprio davanti a noi". La sua velocità è stata in parte ridotta - racconta Carlo di aver visto - dagli urti con almeno due chioschi. "Ma di persone ne ho viste prendere almeno una quindicina".
Le persone colpite sono cadute a terra. "Poi, dopo qualche minuto non erano più là", segno che non erano ferite gravemente, "ma ho visto sangue in terra". Ma la folle corsa è poi proseguita e qualche decina di metri più in là la larghezza della Rambla si restringe e, di conseguenza, anche le vie di fuga per i pedoni. "Lì, una cinquantina di metri più in giù, dopo ho visto stendere dei teli su tre persone", che evidentemente erano morte. Carlo ha spiegato di non aver avuto l'istinto di scappare "perché il chiosco è robusto, è fatto di solido cemento. Lì eravamo in tre ed eravamo al sicuro". Però, confessa con voce ancora un po' scossa, "ho avuto una paura terribile".
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