LONDRA. Ha il volto dai tratti asiatici di Michio Hirano l’ultima speranza per Charlie Gard. Neurologo e luminare alla prestigiosa Columbia University di New York, Hirano, che lavora a una terapia sperimentale in grado forse di meritare un tentativo, é arrivato oggi dagli Usa al capezzale del bambino inglese di nemmeno un anno affetto da una rara sindrome mitocondriale di fronte alla quale i medici del Great Ormond Hospital di Londra non vedono da mesi altra strada se non 'staccare la spinà. Anche contro il volere dei genitori.
L’esito della vicenda - contrapposta nelle medesime ore a quella parallela e agli antipodi d’un uomo, Noel Conway, 67 anni, che invoca al contrario dalla giustizia britannica il 'dirittò di ricorrere a un’eutanasia attiva, vietata sull'isola, per non essere ridotto alle condizioni di «uno zombie» da un morbo neurologico giudicato terminale - é tutt'altro che certo. Ma la giornata é comunque cruciale poiché dischiude l’avvio di un riesame del caso dinanzi all’Alta Corte del Regno Unito, dopo il verdetto - avallato dalla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo - con cui nelle settimane passate s'era stabilito che il destino del piccolo fosse segnato. E che, «per il suo bene», andassero autorizzati i titoli di coda. Ora invece si torna a parlare di un possibile trasferimento di Charlie in America, per provare (se non altro come ultima spiaggia) quella cura alternativa che Hirano non ha ancora messo a punto a pieno su esseri viventi, ma che stima possa dare una chance almeno teorica di miglioramento, compresa fra il 10 e il 50%, laddove riuscisse in qualche modo ad 'attecchirè sul corpicino emaciato del piccolo paziente di Londra. I medici inglesi non nascondono in effetti il loro scetticismo e continuano a rivendicare di aver sempre voluto solo far morire Charlie «con dignità», risparmiandogli altre sofferenze. Ma nessuno sa davvero se e quanto soffra, mentre il papà e la mamma, Chris Gard e Connie Yates, insistono a implorare che nessuna speranza, per quanto remota, sia lasciata cadere. E che l’ultima parola venga lasciata a loro.
Michio Hirano, in ogni modo, una breccia é riuscito ad aprirla. Oggi é stato ricevuto con ogni riguardo nell’ospedale pediatrico londinese dai colleghi, che si sono impegnati a permettergli di visitare Charlie, ad assisterlo, a fornirgli tutta la documentazione clinica e persino a offrirgli un contratto temporaneo di consulente onorario per condurre i suoi accertamenti. Poi lo specialista americano - affiancato da altri studiosi stranieri, tra cui uno del Bambino Gesù di Roma, pronti a certificarne il protocollo sperimentale - testimonierà faccia a faccia di fronte a Nicholas Francis, il giudice monocratico dell’Alta Corte che nei mesi scorsi ha sancito la decisione di 'staccare la spinà sulla base della diagnosi infausta e irrimediabile fatta al Great Ormond. Una sentenza che Francis stesso ha però successivamente sospeso - in attesa di essere convinto da concreti «fatti nuovi», ha avvertito - sullo sfondo della campagna internazionale di solidarietà nei confronti dei Grand: segnata dagli interventi di personalità come il Papa o il presidente Donald Trump, ma soprattutto dagli elementi di dubbio fatti insorgere dal professor Hirano come da altri.
L’iter giudiziario dovrebbe riprendere a questo punto in aula entro mercoledì per concludersi al più tardi in una decina di giorni. Dieci giorni di speranza col cuore in gola per Connie e Chris, convinti che il loro piccino sia ormai «un prigioniero" da strappare - nelle parole del portavoce di famiglia - alle mani di uno Stato e d’un servizio sanitario decisi, chissà, ad affermare la propria autorità. O le proprie granitiche certezze
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